E scrive Redenzione, a dispetto del titolo, romanzo molto poco pio e assai libertario
Vent’anni ci sono voluti a Paco Ignacio Taibo II per scrivere Redenzione, il suo romanzo italo-messicano, anzi, partenopeo-messicano appena uscito da La Nuova Frontiera. E non perché sia di chissà che mole, giusto 130 pagine di velocità e agilità tipicamente taibiane, benissimo tradotte da Bruno Arpaia, ma perché nel frattempo doveva inseguire un’incalzante vocazione di storico (immani volumi, quelli sì, dedicati a Pancho Villa, alla storia del Messico, a El Alamo, a quel Che Guevara ante litteram che fu Tony Guiteras), correre dietro a una crescente attività di agitatore politico culturale a Città del Messico, prendersi vacanze narrative sull’onda di anniversari imprescindibili come il centenario salgariano. E soprattutto, vent’anni erano necessari per perfezionare una struttura narrativa che nasceva, lo ha spiegato in tante interviste, da un gioco.
Abituato a chiamare i personaggi dei suoi romanzi con nomi di amici e conoscenti, nel corso delle infinite tournée italiane diede vita a un piccolo valhalla di possibili personaggi, dal Gordo Cheli “amico di Porfirio Diaz” a Luca Ferraiuolo, noto come “L’invidia degli asini”, da Arpaia “la Volpe” a Marco “il Prete”, per arrivare a Emilio Paolo Salgari e a nonna Grimaldi. Tutti scrittori, giornalisti, editori, amici e complici. Alcuni, come Pietro Cheli e Laura Grimaldi, non ci sono più e non potranno divertirsi a ritrovare se stessi nelle pagine di Paco.
Creato questa specie di delirante organigramma romanzesco, Paco Taibo ha passato anni a cesellare la storia, rifacendosi, ma prendendosi grandi libertà, a vicende storiche reali e a ricostruire possibili ambientazioni italiane, tutte ritratte “dal vero” per le strade di Napoli, tra Spaccanapoli e via dei Tribunali.
Il risultato tanto atteso è questa folle vicenda di anarchici in fuga dall’Italia, che arrivano in Messico spacciandosi per coloni e finiscono per dar vita a una comune di nudisti libertari, alleandosi con gli indios contro governatori e federales e dedicandosi a distillare un liquore di letale potenza.
Ma diamo la parola a Paco Ignacio Taibo II in persona.