Skira porta i librai alla mostra dedicata alla collezione Thannhauser del Guggenheim
Un piovoso giovedì sera milanese di novembre. Il centro della città invaso dai lettori in cerca delle diecimila location di altrettante presentazioni di libri, è la prima sera di Bookcity. Il Duomo sullo sfondo, l’ingresso di Palazzo Reale a proteggere dalle intemperie una quarantina di librai. Si apprestano a visitare Guggenheim. La collezione Thannhauser da Van Gogh a Picasso realizzata da Mondo Mostre Skira in collaborazione con la Fondazione Guggenheim NY. A invitare i librai milanesi, di catena, indipendenti, direttori, responsabili di settore arte, buyer di siti e catene, è Skira, che pubblica il catalogo e coproduce la mostra con il Comune di Milano / Palazzo Reale.
Complice una guida preparatissima e di inarrivabile verve, si sfoglia una doppia e parimenti avvincente vicenda.
Alle origini dell’avanguardia
Da un lato la “storia” della nascita dell’arte moderna e delle avanguardie, di come un quasi impercettibile gioco prospettico – una bottiglia vista di fronte, un bicchiere visto dall’alto – trasformi una poi celebre natura morta di Cézanne nel manifesto di una pittura antiaccademica, nell’origine del cubismo e di ogni simultaneismo a venire, di come le ricerche di fisici e fisiologi spinga i Seurat e i Sisley a scomporre il colore nelle sue componenti, a lasciare che sia l’occhio dello spettatore a riportare a sintesi la visione del quadro, i Gauguin e i Monet a rinunciare al disegno, alle linee di contorno lasciando che siano luce e colore a determinare le forme e via sperimentando, inventando, innovando, rivoluzionando dalla fine dell’Ottocento fino alla pienezza delle avanguardie primonovecentesche, fino a Kandinskij e a Klee e all’incontenibile Picasso.
La storia di una collezione che ha fatto storia
Dall’altro lato la storia di una collezione, di una famiglia e di una galleria, una vicenda di mercanti e mercato che diventa motore della storia delle avanguardie. È nel 1909, che Heinrich Thannhauser inaugura a Monaco di Baviera la sua Moderne Galerie. Lo fa con una mostra importante, duecento quadri di artisti francesi e tedeschi. Tra questi, soprattutto, cinquantacinque capolavori di pittori impressionisti. Impressionismo e postimpressionismo rimarranno il cuore della sua attività, con aperture crescenti verso scuole e maestri via via più sperimentali, grazie anche all’apporto del figlio Justin (che gli succederà alla sua morte, nel 1935) attento a quanto di più nuovo va succedendo negli atelier tra Francia e Germania e amico personale di tanti giovani artisti. Negli anni l’attività cresce, la Moderne Galerie si moltiplica con sedi a Berlino, a Lucerna, lancia mostre a proprio nome (e dalla fine degli anni 20 come Galerien Thannhauser) fin negli Stati Uniti e in America Latina, ospita esordienti e nuovi movimenti come il Blaue Reiter, fino all’arrivo del nazismo. I Thannhauser non faranno l’errore di tanti altri ebrei tedeschi e per tempo si attrezzeranno per espatriare, fino all’addio definitivo alla Germania nel 1937 e al trasferimento a Parigi prima e poi a Ginevra, per approdare a New York nel 1941. Una parte importante della loro inestimabile collezione era già stata messa al sicuro oltre Oceano, altre opere li accompagneranno nell’esilio, ma altri pezzi e quasi tutta la documentazione della Moderne Galerie rimarranno a Berlino e a Parigi e andranno dispersi o distrutti nel corso della guerra.
Una “casa” a New York
Negli Stati Uniti Justin Thannhauser continuerà la sua attività di mercante d’arte e passerà gli anni del dopoguerra a ricostruire per quel che gli sarà possibile le parti di collezione dispersi in Francia e Germania. Nel 1963 annuncerà l’intenzione di lasciare la collezione alla Guggenheim Foundation. Morirà nel 1976 e nel 1978 i suoi Cézanne e i suoi Picasso, i suoi Renoir e Monet andranno ad arricchire i tesori del Guggenheim di New York contribuendo in maniera decisiva a “riempire” alcune lacune dell’istituzione, nata per documentare origini e sviluppo dell’astrattismo e quindi da sempre scoperta su altri aspetti dell’arte tra Otto e Novecento.
Un catalogo si può vendere come qualsiasi altro libro, un bravo libraio sa come si fa. Ma vendere un catalogo avendo visto la mostra che accompagna, avendo fatto l’esperienza delle opere e dell’esposizione, avendo ascoltato una guida esperta, ha un valore particolare, una forza di motivazione unica. Speriamo quindi di poter molto presto riferire di altre visite ad altre mostre per aiutare a proporre altri cataloghi.