Dario Levantino pubblica la terza puntata della saga palermitana di Rosario e Anna. E noi lo incontriamo su #PDESocialClub.
La Sicilia romanzesca ha una voce nuova, forte, lirica e potente. Ed è quella di Dario Levantino. Arrivati al suo terzo romanzo, e alla terza puntata della vita disgraziata e potente di Rosario, lo possiamo dire. Nessuno come lui sa raccontare una Sicilia, una Palermo, un quartiere Brancaccio, che il profumo delle zagare non lo hanno mai sentito neppure per errore e caponate e cassatine se le sognano semmai nelle notti di digiuno. Come in questo possente La violenza del mio amore, appena pubblicato, dopo i precedenti Di niente e di nessuno e Cuorebomba, da Fazi Editore.
Noi questa Palermo ce la faremo raccontare giovedì 21 ottobre alle 18.00 da Dario Levantino stesso, a colloquio con Viola Ardone, l’autrice rivelazione di Il treno dei bambini e di Oliva Denaro. Ovviamente sul sito, e sulla pagina Facebook e YouTube di PDE e di Fazi oltre che dei tanti librai indipendenti che condivideranno la diretta streaming di #PDESocialClub.
Rosario cresce, di libro in libro, come persona e come personaggio e attraverso di lui Levantino, novello Zola palermitano, ritrae una città, una società, o meglio la sconfitta di una società. Rosario lo abbiamo lasciato ormai orfano, affidato a una casa-famiglia che molto poco distingueva da una prigione. E lo ritroviamo, ancora così giovane, armato della sua rabbia e di una copia di Uomini e topi, alle soglie della paternità, per casa una barca rovesciata sulla spiaggia, due anellini da poco a simulare le vere matrimoniali e la pancia di Anna che cresce giorno dopo giorno, promessa di futuro e amore a dispetto della miseria, dell’incertezza, della mancanza di prospettive dei due ragazzi, della tirannia di don Totò Mandalà, ras del quartiere violento e prepotente, dell’infinito strazio di una burocrazia corrotta e collusa.
Rosario e Anna dovranno trovare in se stessi e nella potenza del loro amore la forza di resistere a tutte le prove che li attendono nel loro cammino. Al loro fianco, ma loro non lo sanno, l’affetto del numero sempre crescente di lettori. Perché, come ha scritto benissimo Sergio Pent nella sua recensione su Tuttolibri de La Stampa: «C’è da soffrire, da arrabbiarsi e da commuoversi su queste pagine schiette e sincere».