Come si rilancia un marchio storico e si torna “contemporanei”: intervista a Giuseppe Russo
Nel 2021 Neri Pozza ha compiuto settantacinque anni. Nel 2021 Neri Pozza ha vinto il Premio Strega con Due vite, l’intenso romanzo, memoir, riflessione sull’amicizia e sulla letteratura di Emanuele Trevi, sancendo così il ritorno della casa editrice vicentina alla posizione di rilievo nella produzione letteraria nazionale che era sempre stata sua dai tempi della fondazione; un ritorno costruito negli anni, reintroducendo voci italiane in un catalogo eminentemente dedicato alla narrativa straniera, dando vita a un premio letterario che sulla scorta dei tipici equivalenti nell’editoria iberica servono a fare scouting ed evocare nuovi autori, dando vita a un circuito di autori amici consulenti che hanno permesso di radicarsi nuovamente e tornare a crescere.
Tanto, a garantire la solidità della casa editrice e la sua affermazione presso strati crescenti di pubblico ci pensava un prestigioso e amato catalogo di autori stranieri, inaugurato nel 2000 con lo strepitoso successo di uno dei primi libri della nuova gestione dopo il ritorno a una proprietà pienamente veneta, il gruppo Athesis, e l’ingresso come direttore editoriale di Giuseppe Russo. Quel successo, che prosegue ininterrotto ancora oggi di ristampa in ristampa di riedizione in riedizione è il romanzo di Tracy Chevalier La ragazza con l’orecchino di perla. Quel successo ha aperto la strada a una sequela di ulteriori successi davvero impressionante, dalla riscoperta e rilancio di grandi del Novecento come Romain Gary e Erich Maria Remarque, alla capacità di scoprire autori nuovi e importanti come Amitav Ghosh o l’amatissimo Eshkol Nevo.
Spesso arrivando al momento giusto, ossia un attimo prima che questi autori vengano scoperti dalla cultura mediale, ispirando film e serie televisive di grande impegno produttivo: da Downton Abbey (trionfale serie tratta dal romanzo di Julian Fellowes) al Tre piani di Nevo appena diventato un film di Nanni Moretti, o all’abissale Il potere del cane di Thomas Savage, da poco portato su schermi grandi e piccoli da Netflix per la regia di Jane Campion.
Vale allora la pena ripercorrere questa straordinaria vicenda editoriale e culturale, tappa per tappa, per capire i motivi e le “mosse” che hanno portato all’attuale successo. E quale migliore guida del direttore editoriale di Neri Pozza? La parola dunque a Giuseppe Russo.
La casa editrice Neri Pozza nasce nel 1946. Chi era Neri Pozza, il fondatore?
Neri Pozza era il figlio di uno scultore, un ragazzo vicentino con l’ambizione di diventare a sua volta un artista. E lo è diventato, autore di sculture e di notevoli litografie esposte in diverse e prestigiose occasioni. Il suo approdo all’editoria è dovuto al caso e al drammatico gioco della storia. Nel 1938, il suo amico Antonio Barolini ha l’occasione di pubblicare una raccolta di poesie presso l’editore Jacchia, di Vicenza. Peccato che il 1938 sia l’anno delle leggi razziali ed Ermes Jacchia sia ebreo. La casa editrice è costretta a sospendere l’attività e Neri Pozza decide di pubblicare le poesie di Barolini con il nome di Edizioni dell’Asino Volante, che diventeranno di lì a poco Il Pellicano.
Insomma, il giovane artista ci prende gusto a fare l’editore e nel 1946, a Venezia, fonda la casa editrice che porta il suo nome, con intenzioni e ambizioni ben chiare: sprovincializzare la cultura italiana appena uscita dalla soffocante autarchia culturale del fascismo e dall’ancora diffuso dannunzianesimo. Esordisce con un autore straniero, André Gide, e da allora fino a tutti gli anni ‘60 si confermerà come uno degli editori di punta della rinascita culturale del Paese, dando voce ad alcuni protagonisti di assoluto rilievo, da Buzzati all’esordio di Goffredo Parise, con Il ragazzo morto e le comete. Per il catalogo della casa editrice transitano Gadda e Montale, Luzi e Cardarelli, la collana di poesia acquisisce un’importanza cruciale, mentre attorno alla casa editrice si stabilisce una cerchia di scrittori e saggisti che negli anni si riveleranno centrali nel dibattito culturale, figure come Concetto Marchesi, Sergio Bettini, Carlo Ludovico Ragghianti, Carlo Diano, del quale non posso non ricordare il fondamentale Forma ed evento.
Neri Pozza è una figura rinascimentale per la ricchezza di interessi, per la curiosità intellettuale, per la capacità di giocare su più tavoli di un sapere fattivo. Romanziere, pittore, scultore, critico… il suo libro su Tiziano del 1976 è bellissimo. Gli anni ’50 e ‘60 sono il periodo aureo della casa editrice da lui condotta, come peraltro lo sono per la cultura italiana nel suo complesso, che in quel decennio conosce uno dei momenti più felici e fecondi della sua storia. La speciale grana del rapporto che Neri Pozza sapeva stabilire con gli autori risulterebbe oggi singolare e strana. Li incitava a non cedere al mercato, al mero intrattenimento, a trovare la propria voce al di là di ogni preoccupazione commerciale.
La famosa Lettera a Parise.
Esatto. Nel 1956 Neri Pozza scrive a Parise una lettera esemplare, dopo che lo scrittore vicentino ha pubblicato su Paese Sera il racconto “Il fidanzamento”. Il giudizio dell’editore è estremamente critico ed esplicito, non teme di mettersi in contrasto con l’autore, di richiamarlo alla sua responsabilità nei confronti della sua opera, della sua scrittura, della sua voce: «Non ti dolere di questo parere negativo, io sono un vecchio provinciale con idee estremamente chiare anche se sbagliate (per te). Saranno idee d’arte e di poesia, che fanno pochi soldi, ma sono le sole capaci di sedurmi e interessarmi. Il resto, per me, è buio e vanità».
Poi cosa succede?
Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta l’editoria conosce una profonda metamorfosi, accentuando la sua vocazione industriale e mercantile. Neri Pozza si trova davanti a un bivio, deve decidere se adeguarsi ai tempi nuovi in direzione di una più accentuata attenzione al mercato. Il prezzo da pagare sarebbe la rinuncia al nitore del suo progetto. Rifiuta, e la casa editrice entra in una fase di stagnazione, ritrovandosi in posizione marginale rispetto ai violenti, turbinosi movimenti di modernizzazione industriale dell’editoria italiana. Una lunga fase che porterà la casa editrice nell’orbita del Gruppo Longanesi. Alla morte del fondatore, nel 1988, chi difende l’identità e la continuità della casa editrice è Angelo Colla, il braccio destro di Neri Pozza. Il suo primo atto è di preservare l’archivio della casa editrice, il cui cuore è l’epistolario con gli scrittori, un’autentica cronaca della vita culturale del tempo.
Nel mentre, Giancarlo Ferretto, presidente degli industriali vicentini, si rivolge al gruppo Athesis, che pubblica i quotidiani “Il Giornale di Vicenza”, “L’Arena” di Verona, “Bresciaoggi”, al quale propone di salvare e rilanciare questa storica sigla veneta. Il gruppo Athesis non vanta però alcuna competenza in ambito librario, occupandosi solo di stampa periodica. Si decide perciò di proporre una quota a Mario Spagnol, a capo dell’allora Gruppo Longanesi, che accetta ed entra con il venticinque per cento delle quote. Gestendo una pluralità di sigle, Spagnol ha la necessità di diversificare e specializzare. Neri Pozza accentua così la sua vocazione per i libri d’arte – lo stesso Federico Zeri, autore storico di Longanesi viene “spostato” sul nuovo acquisto – cui affianca una linea dedicata al pensiero orientale.
Quando Marco Tropea, che era il vice di Spagnol, lascia per dare vita alla sua casa editrice, Guglielmo Tognetti, allora direttore generale del gruppo milanese propone il mio nome per subentrargli. E siccome Spagnol aveva tenuto per sé la direzione di Neri Pozza, io mi trovo a mia volta direttamente coinvolto su questa sigla. Alla morte di Spagnol si pone il problema della gestione di Neri Pozza sia dentro il Gruppo Longanesi che in Athesis. Gli industriali vicentini riprendono il pieno controllo della casa editrice e mi chiedono di seguire Neri Pozza nel suo ritorno “a casa”. Io ero arrivato in Longanesi da una casa editrice sofisticata come Guida, che continuava a incarnare un’idea di editoria come progetto culturale nel momento in cui tutti i grandi editori a questa idea stavano di fatto rinunciando. E quel che mi interessa è che il ritorno di Neri Pozza alle origini, alla città di partenza, sia anche un ritorno alle origini ideali e progettuali. Athesis dice sì, accetta questa impostazione e mi ritrovo a iniziare una nuova avventura che dura ancora oggi.
Come si fa a tradurre il progetto letterario che ha caratterizzato la migliore editoria del ‘900 attualizzandolo al nuovo millennio?Possiamo identificare una doppia tensione nel lavoro editoriale di Neri Pozza: da un lato l’attenzione costante al mantenimento di uno standard qualitativo della proposta letteraria – considerata nella dialettica tra intrattenimento di qualità e adesione al canone alto-letterario – e dall’altro la decisiva attenzione alla tenuta nel mercato?
La ricostruzione corrente dice che gli editori scoprono il mercato. In realtà la differenza tra le diverse epoche dell’editoria è molto più profonda. Neri Pozza era un liberale classico, ma quel liberalismo è profondamente diverso dal neoliberismo che abbiano sotto gli occhi oggi. Per un liberale classico, cultura, politica e arte costituivano valori non economici. Questo vale per tutti i pensatori economici classici, da Adam Smith fino alla scuola di Chicago. L’economia sta da una parte, cultura, arte e politica stanno altrove ed è giusto che sia così.
L’idea che l’arte del governo si esaurisca nella governance economica è ritenuta un assurdo dai grandi liberali, perché il cuore del liberalismo è dato dal pluralismo dei disegni generali della società. Oggi invece ha vinto la convinzione che in ogni sua forma l’attività umana sia intimamente economica e competitiva. È in fondo la volgarizzazione della teoria dei prezzi di Hayek: nessuno di noi può avere una visione onnicomprensiva del mercato, gli individui possono avere gusti, pregiudizi, ma è solo questa forza pressoché mistica, il mercato, a indirizzare la società. Per questo non è possibile alcun piano economico, solo il mercato decide, e lo fa spontaneamente, attraverso i prezzi.
Il mercato come ordine naturale spontaneo decide i codici che a loro volta decidono i comportamenti umani. Ma allora, se così è, qual è il campo proprio della letteratura e della cultura? Quello della calcolabilità economica? La mia risposta è no: la letteratura rientra nella verità storica del mondo che è per eccellenza incalcolabile, in quella verità, cioè, che un filosofo come Heidegger chiama l’accadere dell’essere, e che non si può tradurre nella realtà oggettiva delle scienze e delle tecno-scienze in particolare.
Come si esprime questa idea della letteratura nel programma della Neri Pozza?
Un’idea comune della letteratura vuole che sia letteratura tutto ciò che è scritto bene, vale a dire tutto ciò che abbia una lingua sofisticata e possibilmente lirica. La verità è che le cose non stanno semplicemente così. È certamente vero che uno scrittore letterario ha una voce unica, incomparabile perché mai udita prima. Tuttavia la ha non perché abbia passato il tempo a raffinare costantemente la sua scrittura o perché sia un erudito, un filologo, un attento conoscitore della tradizione letteraria. Ha una voce unica perché attraverso i suoi personaggi, e le vicende che narra, parla la verità storica del mondo. Raskol’nikov, il personaggio di Dostoevskij, annuncia l’avvento del nichilismo prima e meglio di infiniti saggi sull’argomento. Momo, il personaggio di Romain Gary, o Patrick Melrose, il personaggio di Edward St Aubyn, annunciano rispettivamente l’avvento della società multirazziale e la decadenza dell’aristocrazia inglese meglio di migliaia di saggi sull’argomento.
Per rispondere alla sua domanda, le dirò dunque che la Neri Pozza è alla ricerca costante dei Gary e dei St Aubyn del nostro tempo. Poi, è chiaro che nel corso di un anno non puoi scoprire cento scrittori con queste caratteristiche. Ma si può, ed è comunque importante, affiancare alle voci degli autentici talenti letterari le voci di grandi intrattenitori capaci di unire l’intrattenimento a un rilevante valore conoscitivo. E quindi sì Romain Gary e sì anche Tracy Chevalier. Non pubblichiamo nulla che sia intrattenimento per l’intrattenimento: o grande valore letterario o grande valore conoscitivo. A questo si accompagna una selezionata, ristretta scelta in ambito saggistico: diciamo pure la critica della modernità e degli esiti della modernità attraverso la riscoperta di pensatori critici, come stiamo facendo con la riproposta dell’opera completa di Ivan Illich.
Questi ultimi anni hanno visto un crescente riequilibrio nella presenza di autori italiani nel catalogo Neri Pozza rispetto ai primi anni della sua gestione. La Neri Pozza storica si caratterizzava per il peso decisivo della narrativa letteraria italiana: Parise in primis, ma anche Buzzati, Montale, Gadda, Bontempelli, Luzi, Cardarelli. La Neri Pozza del terzo millennio, la Neri Pozza di Giuseppe Russo, si è a lungo caratterizzata per una preponderante attenzione alla narrativa straniera. Non stiamo neanche a elencarli tutti i successi che sono seguiti alla trionfale pubblicazione della Ragazza con l’orecchino di perla. Il ritorno alla produzione letteraria italiana è successivo e tutto sommato recente. Ed è culminato nel Premio Strega a Emanuele Trevi.
Il ragionamento che feci a suo tempo ai soci della Neri Pozza fu che tornare alle origini progettuali era fattibile a partire dal mercato internazionale dei diritti. Era impossibile strappare autori italiani affermati a editori già importanti e altrettanto difficile imporre voci nuove senza il supporto di un catalogo di italiani consolidati. C’era in compenso spazio sul mercato internazionale, un mondo tutto sommato piccolo, che avevo imparato a conoscere bene negli anni in Guida e che bene conosceva anche Marcella Marini che con me partiva all’ufficio diritti. Con alle spalle le risorse finanziare del gruppo Athesis, nel giro di dieci anni siamo diventati una delle poche case editrici in grado di competere con i grandi gruppi. Per la narrativa italiana invece ci voleva tempo, costruire relazioni, ricostruire la credibilità che era andata dispersa negli anni e magari metterci un pizzico di inventiva. Una delle idee per accelerare questo processo è stata portare in Italia il modello dei grandi premi editoriali spagnoli, diretta emanazione delle case editrici, da Planeta ad Alfaguara, che sono nati con lo scopo di scoprire autori e portarli al mercato con lo scouting offerto da un premio. Abbiamo dato vita al Premio Neri Pozza. I risultati? Wanda Marasco, Piera Ventre, Angela Nanetti, Eleonora Marangoni, Francesca Diotallevi sono arrivate in casa editrice così.
E quest’anno ha vinto un libro nel quale ripongo grandi aspettative, il romanzo di Pierpaolo Vettori Un uomo sottile. Soprattutto, l’indicazione che è stata data ha dato immediatamente l’idea del progetto letterario: cura della scrittura, un’idea di stile come voce necessaria e irriducibile. Si pensi a Due vite, che rimanda a una questione fondamentale della letteratura. Il libro di Trevi, durante l’estenuante campagna per il Premio Strega, è stato accusato di non essere un romanzo. La risposta a questa accusa stava sempre nella domanda: che cos’è la letteratura? La letteratura è i personaggi, non c’è autentica letteratura senza che i personaggi non siano pienamente riusciti e immediatamente riconoscibili. Lo scrittore non racconta i sentimenti, racconta i personaggi, e sono i personaggi che provano e vivono sentimenti. Il libro di Trevi era esattamente questo, la costruzione di due personaggi letterari, opposti e complementari, indipendentemente dall’essere esistiti come una reale Pia Pera e un reale Rocco Carbone.
Quindi possiamo dire che il terreno della sfida è quello della letteratura italiana?
Naturalmente sì, l’intenzione è quella di accrescere la nostra presenza nella letteratura italiana senza rinunciare a un millimetro di quanto conquistato nell’ambito della straniera. Nel prossimo anno avremo molte e importanti uscite. Come Carmen Verde, con il suo romanzo Una minima infelicità. E procederemo nel dare robustezza a quel filone di reinterrogazione della società letteraria e della cultura del ‘900 che a questo punto è già solidamente presente nel nostro catalogo. Come un titolo al quale teniamo moltissimo, che arriva dal nostro nuovo editor per la narrativa italiana, Roberto Cotroneo: Dacia Maraini sta scrivendo Caro Pier Paolo, una testimonianza tanto unica quanto intensa sulla relazione tra lei, Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia.
E poi, per restare ai primi mesi del 2022, avremo un libro dal quale mi aspetto molto, ed è Maledetta Sarajevo, di Francesco Battistini e Marzio G. Mian, due reporter del Corriere che seguirono la guerra di Bosnia nel suo momento di maggior virulenza e sono tornati sugli stessi luoghi ora, dopo trent’anni per scoprire che i motivi di quel conflitto sono ancora tutte lì, pronte a riesplodere con la stessa violenza. Il libro di Battistini e Mian ci ricorda che la Bosnia è stata il Viet-Nam d’Europa, e che da quel conflitto han preso le mosse l’estremismo religioso, l’integralismo islamico, il neonazionalismo cieco, il precipizio del prestigio europeo. Sono riusciti a intervistare in carcere Karadzic, che si racconta con grande serenità e non mostra alcun pentimento. Un libro potente e necessario, la dimostrazione di come una comunità possa esser distrutta dall’odio. Sono i libri così che una casa come Neri Pozza è orgogliosa di pubblicare.
Potete ascoltare una versione audio della nostra intervista nel secondo episodio del nostro podcast magazine Indie – Libri per lettori indipendenti.