Andiamo alla scoperta della storia editoriale di Blackwater, saga in sei volumi di Michael McDowell pubblicata da BEAT in una scintillante edizione.
di Cristina Resa
«Blackwater è un’opera di culto: questa è, a buon diritto, la definizione per eccellenza della saga di Michael McDowell che offriamo per la prima volta ai lettori italiani. Che cosa è infatti un’opera di culto?». È così che il direttore editoriale di Neri Pozza Giuseppe Russo ci presenta Blackwater, saga in sei libri scritta da McDowell nel 1983, il cui primo volume intitolato La piena è stato appena pubblicato in BEAT Edizioni. Una serie di libri di culto, appunto, e forse dovremmo partire dalla domanda di cui sopra. Cosa intendiamo per cult? Qualcosa che, per diverse ragioni, è diventata parte dell’immaginario di una determinata sottocultura, non importa quanto estesa. Ma soprattutto, un’opera con la capacità di sopravvivere al passaggio del tempo, ai cambiamenti sociali, al suo stesso autore.
La saga di Blackwater, ambientata nella città di Perdido, in Alabama, racconta la storia di una dinastia di taglialegna, i Caskey, descrivendo un arco temporale di mezzo secolo, tra il 1919 e il 1970. La narrazione inizia quando il rampollo della famiglia, Oscar, salva una giovane donna, Elinor Dammert, rimasta bloccata nell’albergo della città durante una catastrofica alluvione. I due si sposano nonostante la disapprovazione della madre di Oscar, Mary-Love, e la ritrosia di Elinor stessa riguardo le sue origini. Tra le due donne ha inizio così un profondo scontro basato sulla manipolazione, i cui effetti si ripercuoteranno sulle vite di tutti per generazioni.
Una vera e propria saga familiare che affonda le radici nel folklore dell’Alabama, nata già con tutte le carte in regola per diventare un oggetto di culto: innanzitutto, è scritta da un autore che, pur sottovoce, negli anni ‘80 ha lasciato il segno nel panorama fantasy-horror letterario, televisivo e cinematografico, dimostrando una certa agilità nel muoversi tra media e codici espressivi differenti e, in qualche modo, fare da ponte. La sua capacità di unire mondi diversi si riflette nelle sue creazioni, rendendole a loro modo uniche e affascinanti. «Proprio di un’opera di culto è poi il suo tratto crossover, il suo amalgamare, cioè, diversi generi in una narrazione perfettamente compiuta e originale», continua Giuseppe Russo.
Non stupisce dunque che i sei romanzi di McDowell riescano ancora a parlare a un pubblico contemporaneo, attraverso temi universali come le questioni di classe e i traumi familiari. Lo dimostra il fatto che in Francia, dove sono stati pubblicati nel 2022 nella veste grafica realizzata dall’illustratore Pedro Oyarbide, riproposta in Italia nella bellissima e luccicante versione BEAT, tutti i volumi hanno occupato i primi dieci posti della classifica dei libri più venduti. Ma soprattutto, la saga di McDowell ha tutto il potenziale per essere «un’opera di culto perché», dice ancora Russo, «come tutte le opere di culto, svela le paure e le angosce di un’epoca con una universalità degna della migliore letteratura».
Chi era Michael McDowell?
Per raccontare chi era Michael McDowell, un buon punto di partenza sono le parole di Stephen King, che lo ha descritto come «il miglior scrittore di romanzi tascabili degli Stati Uniti». Una definizione, questa, che in un certo modo indica con estrema precisione il campo d’azione preferito dell’autore nato nel sudest dell’Alabama nel 1950: quello della serialità. In effetti il paperback si presta bene a questa modalità di racconto che in qualche modo riporta alla tradizione del fumetto fantastico anni ‘50 e ‘60. A guardare la produzione sia letteraria che televisiva di McDowell, che ha avuto anche un’importante carriera di sceneggiatore, è evidente una connessione con il modello delle antologie horror e fantasy in stile di EC Comics – pensiamo a pubblicazioni come Tales from the Crypt – che hanno modellato il tessuto della narrazione fantastica americana e influenzato una generazione di registi fondamentali di genere, con alcuni dei quali l’autore della saga di Blackwater ha poi collaborato.
McDowell ha infatti lavorato proprio a Tales from the Crypt, la serie basata sul fumetto di William Gaines e Al Feldstein, alla celeberrima Alfred Hitchcock presenta e ad Amazing Stories, la serie TV fantastica prodotta da Steven Spielberg, iniziando la sua carriera di sceneggiatore con Tales from the Darkside, l’antologia horror creata da George A. Romero, per la quale ha scritto ben undici episodi tra il 1984 e il 1987. Cosa che in realtà è accaduta per caso, e in modo particolarmente bizzarro: a pochi mesi dall’uscita di Blackwater, infatti, McDowell ha ricevuto una telefonata dall’assistente di Romero, per poi scoprire solo dopo che il McDowell che stava cercando Romero era un suo omonimo, anche lui scrittore horror. Una volta chiarito l’equivoco, però, è bastata una lettura dei suoi romanzi per essere il McDowell giusto al momento giusto.
Ha iniziato così un percorso che lo ha condotto anche al cinema, dove nel 1988 ha iniziato a lavorare con Tim Burton, scrivendo la sceneggiatura di uno dei film più originali e irriverenti della filmografia del regista, Beetlejuice. Una collaborazione che è poi proseguita con l’adattamento della poesia di Burton The Nightmare Before Christmas, diventato poi l’omonimo film diretto da Henry Selick e sceneggiato da Caroline Thompson del 1993.
Per quanto riguarda la sua produzione letteraria, il suo nome è spesso legato a un preciso genere connaturato nel paesaggio statunitense, il Southern Gothic, che contraddistingue anche la saga di Blackwater. Infatti, l’Alabama, dove è nato, ha sempre rappresentato per lo scrittore un serbatoio inesauribile di idee, suggestioni, mitologie: il paesaggio-stato d’animo per eccellenza, dove ambientare le sue storie più oscure. «L’Alabama è uno Stato emotivamente impegnativo. Lì, devi affrontare tutto. Lì, l’intensità della morale colpisce tutti», ha detto una volta McDowell. «Gli abitanti del Sud possono sinceramente definirsi gotici: non c’è altra parola per descriverli. Il loro spirito tormentato è affascinante».
Nelle sue storie, infatti, McDowell, a differenza di altri autori originari del sud degli Stati Uniti, sembra quasi indagare il rapporto materico e il profondo legame che le persone in Alabama hanno con il folklore, il soprannaturale e la morte, vagamente influenzato dalla produzione di H.P. Lovecraft. «Lovecraft mi ha insegnato molte cose, quella che ho fatto più mia è l’importanza dei luoghi, delle regioni. Ho adottato il Sud così come lui aveva adottato il New England».
Lo scrittore era tanto affascinato dallo studio della morte, da dedicare all’argomento la sua tesi di dottorato alla Brandeis University, dal titolo American Attitudes Toward Death, 1825–1865. Aveva anche raccolto una vasta collezione di oggetti e memorabilia che comprendeva, tra le altre cose, spille funerarie, fotografie e targhe di bare, oggi conservata presso la Northwestern University di Chicago.
Questo interesse si riflette spesso nelle sue opere. La produzione letteraria di Michael McDowell conta più di trenta libri, dominati da quello che è stato definito un «tono distaccato, ironico e un po’ cinico». Oltre a Blackwater, che rappresenta una saga manifesto del suo stile, McDowell ha scritto diversi horror, spaziando per diverse tematiche e costruendo ambientazioni caratterizzate dalla accuratezza dei dettagli storici, come The Amulet (1979), Gilded Needles (1980) e The Elementals (1981), tutti inediti in Italia. Inoltre, ha esplorato anche il genere giallo – in una serie scritta con l’amico Dennis Schuetz – e il thriller psicologico, utilizzando pseudonimi come Axel Young, Nathan Aldyne e Preston Macadam.
Michael McDowell, purtroppo, è scomparso prematuramente il 27 dicembre del 1999 a causa delle complicazioni dell’AIDS, lasciando dietro di sé molti progetti incompiuti, come il suo ultimo romanzo, Candles Burning, completato poi dalla scrittrice Thabita King e pubblicato postumo nel 2006. Il suo legame con la famiglia King è diventato più stretto durante gli ultimi anni di vita, dopo la diagnosi della malattia, quando si è trasferito – con il suo compagno, il drammaturgo e professore Laurence Senelick – a Medford, nel Massachussets, insegnando sceneggiatura alla Tufts University e alla Boston University. In quel periodo, nel 1996, ha scritto la sceneggiatura per l’adattamento cinematografico del romanzo di Stephen King L’occhio del maledi Tom Holland.
Nella sua vita, oltre a essere stato scrittore e sceneggiatore, si è anche impegnato nella lotta per i diritti civili, partecipando in particolare alla prima parata del Gay Pride a Boston nel 1971.
Un’esperienza di lettura collettiva
Ma cos’è Blackwater? È una serie di sei romanzi, come dicevamo, uscita nel 1983 con la cadenza di un volume al mese, da gennaio a giugno, seguendo un piano editoriale certamente inusuale ma che ha avuto un enorme successo, tanto da influenzare il suo amico e primo ammiratore, Stephen King, per la pubblicazione in sei volumi de Il miglio verde nel 1996. È interessante come Neri Pozza, scegliendo di pubblicare Blackwater sotto un marchio editoriale – BEAT – storicamente dedicato alle edizioni tascabili di autori italiani e internazionali di grande rilievo, abbia in qualche modo voluto onorare la dimensione seriale originale, optando per la pubblicazione di un nuovo volume ogni 15 giorni a partire dal 17 gennaio, in un’edizione cartacea bellissima da vedere e sfogliare, con una copertina retro in rilievo con finiture e dettagli metallizzati, realizzata con una tecnica di stampa particolare.
Soluzione coerente con lo spirito di un’opera caratterizzata dalla lettura agile, coinvolgente, che in qualche modo guarda sia al passato della pubblicazione dei romanzi a puntate, sia al presente della serialità televisiva, che con la sua cadenza regolare dà spazio alla discussione, al confronto e alla condivisione di idee, teorie, opinioni. Prima si parlava di ponte: ecco, Blackwater sembra quasi un ponte tra le diverse fruizioni di una storia, puntando in particolare a trasformare l’attività individuale della lettura in un’esperienza collettiva e condivisa. Lo fa sia grazie alle modalità di pubblicazione, sia naturalmente attraverso una narrazione ricca di mistero e suggestioni che utilizzano con intelligenza topoi della narrativa horror e fantastica, ma anche della saga familiare.
I sei volumi abbracciano, infatti, mezzo secolo di storia, intrecciando complesse relazioni tra personaggi e tessendo un’appassionante rete di misteri. Elinor Dammert è una misteriosa e volitiva giovane donna salvata dalle acque dell’alluvione, dal passato oscuro, mentre la sua diretta antagonista, Mary-Love Caskey, è una matriarca rigida e manipolatrice. Sullo sfondo c’è la città che sorge alla confluenza dei fiumi Perdido e Blackwater, gestita da una rete gerarchica di donne di mezza età che la comparsa di Elinor metterà in crisi. Le dinamiche familiari sono al centro della costruzione della tensione nell’opera di McDowell, che una volta ha dichiarato: «Trovo che le famiglie siano violente, oppressive, manipolatrici… e per tutti questi motivi sono anche particolarmente interessanti».
Se c’è un genere che ha sfruttato ansie e paure legate al quotidiano, portando l’ignoto e il pericolo all’interno delle mura domestiche, quello è l’horror e la saga di Blackwater sembra proprio nutrirsi di questa tensione. Le affascinanti macchinazioni della famiglia Caskey sono terreno fertile per la discussione, e proprio per questo Neri Pozza ha aperto da poco un canale Telegram dedicato alla saga, con contenuti originali e coinvolgimento di pubblico e creator. Ma non solo: collegato alla pubblicazione della saga di Blackwater, è stato realizzato un podcast, scritto da Francesca Colletti e recitato da Camilla Gallo, pensato come un viaggio alla scoperta di Perdido, di libri che la raccontano e del suo autore: tre puntate speciali sono già disponibili su Spotify, Spreaker e le maggiori piattaforme di podcast.
La nostra avventura nel mondo di Blackwater è iniziata il 17 gennaio con la pubblicazione di La piena, e proseguirà a cadenza quindicinale fino al 28 marzo, quando scopriremo quale sarà il destino degli abitanti di Perdido con l’ultimo volume Pioggia. Di seguito ecco il piano editoriale completo.
LA PIENA | 17 gennaio
1919. L’acqua nera del fiume sommerge la cittadina di Perdido, Alabama.
La ricca famiglia Caskey, guidata dalla potente matriarca Mary-Love,
cerca di domare la violenza della natura. L’apparizione di una donna
seducente dai capelli color rame cambia tutto. Elinor ha un passato misterioso e un disegno oscuro: insinuarsi nel cuore della famiglia Caskey.
LA DIGA | 31 gennaio
1922. Solo una diga può controllare la furia delle acque. Ma attorno al
cantiere si verificano episodi inquietanti: correnti capricciose, sparizioni inspiegabili, operai in rivolta. La matriarca Mary-Love si scontra
con Elinor, ora parte della sua famiglia. A Perdido i mutamenti saranno
profondi, le conseguenze irreversibili. La lotta è appena cominciata.
LA CASA | 14 febbraio
1928, Perdido. Il clan Caskey è dilaniato dalla lotta intestina tra MaryLove ed Elinor. Altre ombre si allungano sull’orizzonte. Gli eventi varcheranno i confini dell’immaginazione. Elinor ha preso possesso della
casa più bella di Perdido. Ma negli angoli bui della magione allignano
ricordi spaventosi che, come ragni instancabili, tessono tele mortali.
LA GUERRA | 28 febbraio
1938. È l’alba di una nuova èra per il clan Caskey. La determinazione di
Elinor porta finalmente i suoi frutti. I nemici di ieri saranno gli amici di
domani. Il conflitto in Europa porta sangue nuovo a Perdido.
LA FORTUNA | 14 marzo
1945. Come un organismo vivente, la famiglia Caskey si sviluppa e si
trasforma. Alcuni affrontano la morte, altri accolgono la vita, tra riavvicinamenti inattesi, rancori sordi e separazioni inevitabili. Una scoperta
sorprendente farà prosperare la città.
Sarà sufficiente la fortuna, ora che la natura reclama il suo debito?
PIOGGIA | 28 marzo
1958. Gli anni passano ma non portano quiete per i Caskey. Dopo l’età
dell’oro, ritornano giorni bui. Qualcosa incombe su Perdido, i suoi abitanti e i suoi fiumi. Il tempo delle profezie è arrivato.