Qual è lo stato dell’editoria d’arte oggi? L’intervista integrale a Chiara Savino, responsabile editoria di 24 Ore Cultura.
Come sta l’editoria d’arte? Quali evoluzioni ha conosciuto in questi anni e quali conseguenze ha avuto la pandemia su un comparto dalle caratteristiche così peculiari, in misura così decisiva legato a forme di esperienza diretta come la visita a mostre e musei? In preparazione del convegno sullo stato dell’editoria d’arte che avrà luogo in Sala Cobalto al Salone di Torino sabato 20 maggio alle 10:30, abbiamo pubblicato sul numero 9 di INDIE – Libri per lettori indipendenti un articolo che raccoglie le interviste a quattro dei principali editori del settore. Ovviamente, sulle pagine di una rivista lo spazio è tiranno e siccome tutte e quattro le interviste erano ricche di spunti e informazioni, abbiamo deciso di pubblicarle in versione integrale, ognuna per sé, sul sito, raggiungibili dalla rivista medesima grazie a un QR-Code. Ecco dunque l’intervista a Chiara Savino, responsabile editoria e retail di 24 Ore Cultura.
La pandemia da COVID-19 ha duramente colpito mostre e musei e di conseguenza anche l’editoria d’arte, che da mostre e musei dipende in maniera importante. Cosa è cambiato dal 2019? E soprattutto, quali contromosse avete messo all’opera?
Quando penso alla pandemia mi sovviene il ricordo della nostra mostra Robot degli Human Project, desolatamente congelata all’interno del Mudec, di questi ambienti completamente allestiti, tirati a lucido, senza l’ombra di un visitatore. Una mostra che non siamo mai riusciti a inaugurare. E da lì il pensiero passa a tutti i musei e a tutte le mostre che in quelle stesse settimane, in quegli stessi mesi, in tutta Italia, rimanevano irrimediabilmente chiusi, con opere in prestito che sarebbero state restituite senza che nessuno le avesse potute vedere. Il danno è stato colossale, perché comunque i costi degli allestimenti, delle assicurazioni, della sicurezza restavano, sommandosi ai mancati incassi.
Penso di non aver fatto così tanti business plan o simulazioni di budget e forecast come durante la pandemia. Per tutto il 2020/21 mi sono ritrovata quasi ogni tre settimane a stilare recap su costi, ricavi, impatti, scenario, bilanci. Un grande esercizio di numeri, di strategie, di simulazioni, di decisioni anche dolorose. In tutto questo, fortunatamente, i libri invece andavano, i libri vendevano, i libri hanno tenuto. L’online ha garantito la distribuzione e le librerie si sono preparate per ripartire. È stata, si può dire, l’unica linea di business che non è stata fermata durante la pandemia. Il settore editoriale di 24Ore Cultura ha continuato a lavorare, seppur a rilento, a non pensare solo a simulazioni di scenari, ma a produrre e a immaginarsi prodotti.
Gli scenari sono quelli che hanno un po’ messo alla prova tutti gli editori, compreso l’approdo al digitale estremo. Trattandosi di libri illustrati, di libri d’arte, l’impresa risultava ardua: la riproduzione fotografica del digitale non restituisce ancora la qualità del libro d’arte stampato. Abbiamo fatto dei tentativi, e nel 2020 abbiamo aperto agli ebook, spingendo più su testi di critica d’arte e di narrativa e sperimentando delle graphic novel e alcuni illustrati con risultati non spregevoli anche se ancora lontanissimi da quelli del cartaceo. Cominceremo piuttosto a testare gli audiolibri, specie per la linea kids: l’audiolibro potrebbe prestarsi a un altro tipo di esplosione del contenuto su diversi canali.
Al di là della pandemia, negli ultimi anni gli editori d’arte si sono ritrovati a passare sempre più da “fornitori” di prodotti editoriali a produttori di mostre in prima persona. Cosa ha implicato questo allargamento del campo di azione in termini insieme di opportunità e di rischio?
Il bilanciamento tra rischi e opportunità per l’editore d’arte trasformato in organizzatore di mostre non è così evidente, anche perché è ancora in evoluzione. Ognuno sta cercando le risposte più adatte. 24 Ore Cultura, ad esempio, si è articolato in tre anime. Abbiamo la business unit della produzione di mostre e vendita di mostre all’estero. Una linea di business di gestione museale, che gestisce il Mudec a Milano. E poi abbiamo la divisione editoria. Ai tempi della Federico Motta editore, ancora pochissimi anni orsono, eravamo un’azienda al 100 percento editoriale. Con l’acquisizione da parte del Gruppo 24 Ore, nel giro di circa quattro anni siamo diventati produttori di mostre, direi anzi che il core business dell’azienda si è spostato dall’editoria alla produzione di mostre. Proprio nel mezzo di questo passaggio è arrivata la pandemia a scombussolare le capacità di proiezione sul numero dei visitatori, sull’affluenza potenziale e persino sulle stagionalità, finendo con l’esaltare il rischio già sostanziale al business delle mostre.
Sul fronte delle opportunità, con le mostre posso leggere in tempo reale il sentimento, il gusto del mio pubblico, ben più di quanto accade con la mera pubblicazione di un libro. Proprio per questo, il grande sforzo di questi anni è l’integrazione sempre più stretta delle varie business unit, ragionando in termini di un unico contenuto che va a incanalarsi in diversi prodotti editoriali, siano questi una mostra, un libro, un laboratorio didattico, un podcast, una piattaforma digitale. È il contenuto che guida l’editore e l’editore sceglie, a seconda del contenuto, come meglio declinarlo e dove declinarlo. Faccio un esempio: durante la pandemia, la collega che gestisce il museo si è trovata nella necessità di mantenere attiva la relazione col pubblico realizzando una visita virtuale al Mudec, da cui sono nati vari podcast e, in parallelo, delle pillole video, una serie in dieci puntate di Nicolas Ballario, dedicata ad altrettante donne fotografe: #10×10 da cui abbiamo deciso di trarre un libro con lo stesso titolo, che potrebbe generare a sua volta una mostra. Ecco, diciamo che bisogna vedere in maniera nuova il business dell’editoria, passando dall’editoria del libro puro all’editoria del contenuto. L’editore è colui che declina diversi contenuti in diversi prodotti editoriali.
Cataloghi e guide museali sono diventati il principale genere editoriale legato all’arte, ma non mancano altri tipi di pubblicazioni, dalle grandi monografie ai libri per i più piccoli, alla saggistica e alla narrativa, fino alla gadgettistica. Qual è il loro peso attuale? Quale funzione svolgono e per quale pubblico?
È un’articolazione fondamentale, e non più solo per il bookshop. In questo caso avviene l’inverso. Per quanto riguarda la gadgettistica, grazie al know-how acquisito nella produzione di merchandising d’arte, quindi prodotti sostanzialmente licenziati da fondazioni, artisti e tutta quella compagine molto complicata legata agli aventi diritto del mondo dell’arte, dal bookshop si è andati in libreria. Questo percorso è iniziato con la grande mostra al Mudec su Frida Kahlo. Oltre il mito (2018, quindi prepandemia). Abbiamo iniziato analizzando i dati di vendita dei bookshop di tutte le mostre fatte sino ad allora. E abbiamo notato che dopo il catalogo, che ovviamente è il prodotto principe per eccellenza, il secondo prodotto libro era l’art dossier, una pubblicazione di prezzo basso e quindi non in competizione con il catalogo, monografica o comunque esaustiva dell’opera dell’artista, cioè non necessariamente legata alle opere in mostra, diciamo un piccolo illustrato di approfondimento, di accompagnamento o anche semplicemente un gift book, cioè un ricordo che il visitatore si comprava.
Un altro segmento che funzionava molto bene e che funziona tutt’oggi è quello dei testi, perlopiù non illustrati, di approfondimento del tal artista piuttosto che della corrente artistica presa in esame nella mostra. Da quella analisi è nato un ventaglio di pubblicazioni pensate per la mostra di Frida: cinque libri che andavano a colpire cinque diversi target, compresi uno sticker book su Frida Kahlo per i bambini e una graphic novel di Vanna Vinci, dalla quale abbiamo estratto tutta una serie di oggetti di merchandising d’autore. Un altro libro-gadget era Frida vestida, dedicato agli abiti della Kahlo, realizzato da Alessandra Galasso con le illustrazioni di Alessandra Scandella. Nel mentre, si è presentata un’occasione da cogliere al volo, perché il curatore Diego Sileo, attuale direttore del Pac a Milano, aveva avuto il privilegio di disporre delle lettere inedite di Frida. Ne è sortito un libriccino, From Frida with Love che ha venduto 12.000 copie al bookshop e altrettante in libreria. Certo lavoravamo a partire da un nome, da un’artista di grande risonanza che ci ha permesso di sperimentare in tutta tranquillità. Siamo arrivati a creare la Tienda de Frida, che era una sorta di Ape tutta rivestita e brandizzata che andava in giro per Milano a vendere libri e gadget e promuovere la mostra.
Da questa esperienza è nato un modello che applichiamo regolarmente a seconda del contenuto. Per la recente mostra su Hieronymus Bosch e l’altro Rinascimento a Palazzo Reale abbiamo rinunciato al catalogo tradizionale: Bernard Aikema, il curatore della mostra, aveva condotto un lavoro di ricerca molto innovativo e abbiamo deciso di pubblicare un grande libro con un prezzo di 119 €, un’opera di notevole livello scientifico. Accanto le abbiamo messo una guida alla mostra molto agile, a 15 €, con schede di approfondimento, saggi introduttivi e ottime riproduzioni delle opere esposte e una graphic novel, perché Bosch suscita un immaginario un po’ particolare, molto simile a quello attuale. I dati sono ottimi, con oltre 15.000 copie della guida e quasi ottocento del grande libro vendute in mostra. In libreria, in compenso, il grande libro ha venduto quasi mille copie. La mostra ha fatto da volàno al prodotto editoriale. Anche per la prossima mostra, dedicata a Goya, commissioneremo una graphic novel, e accompagneremo il catalogo con un piccolo volume di lettere di Goya inedite che ci dà la Reale Accademia di Madrid.
Più che in altri settori, l’editoria d’arte, grazie anche al fatto di lavorare su qualcosa come quell’occasione unica data dalla mostra, si configura come una costellazione di attività. E soprattutto è un’editoria con un tasso di progettualità inedito in altri campi.
Poco ma sicuro! Oggi si può scaricare vita, morte e miracoli di Goya o di Velázquez e vedere tutte le sue opere in alta risoluzione, ma risulta difficile imparare a leggere un quadro di Velázquez se non te lo racconta qualcuno, non si può comparare il Rinascimento di Velázquez con quello di Caravaggio se non c’è qualcuno che ti accompagna in questa operazione critica. Noi abbiamo acquisito per l’Italia una collana che si chiama Art Essentials, che sta andando molto bene sia nei bookshop che in libreria, è fatta con lo spirito critico inglese, quindi non monografie, ma percorsi: come capire l’arte, i simboli dell’arte, come leggere l’arte… sono libri che utilizzano i dati, le fotografie, tutto quello che insomma conosciamo, ma proponendo nuove letture, quelle che stimolano i giovani d’oggi, gli studenti di oggi.
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In alto, foto dall’allestimento della mostra Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo, Mudec. Foto di Carlotta Coppo