Qual è lo stato dell’editoria d’arte oggi? L’intervista integrale a Luca De Michelis, CEO di Marsilio.
Come sta l’editoria d’arte? Quali evoluzioni ha conosciuto in questi anni e quali conseguenze ha avuto la pandemia su un comparto dalle caratteristiche così peculiari, in misura così decisiva legato a forme di esperienza diretta come la visita a mostre e musei? In preparazione del convegno sullo stato dell’editoria d’arte che avrà luogo in Sala Cobalto al Salone di Torino sabato 20 maggio alle 10:30, abbiamo pubblicato sul numero 9 di INDIE – Libri per lettori indipendenti un articolo che raccoglie le interviste a quattro dei principali editori del settore. Ovviamente, sulle pagine di una rivista lo spazio è tiranno e siccome tutte e quattro le interviste erano ricche di spunti e informazioni, abbiamo deciso di pubblicarle in versione integrale, ognuna per sé, sul sito, raggiungibili dalla rivista medesima grazie a un QR-Code. Ecco dunque l’intervista ad Luca De Michelis, CEO di Marsilio Editori.
La pandemia da COVID-19 ha duramente colpito mostre e musei e di conseguenza anche l’editoria d’arte, che da mostre e musei dipende in maniera importante. Cosa è cambiato dal 2019? E soprattutto, quali contromosse avete messo all’opera?
Il COVID è stato un momento di discontinuità per tante cose. Nell’ambito delle mostre, in particolare, ha comportato due ordini di problemi: la prima ondata ha interrotto e cancellato le esposizioni, danneggiandole quindi in maniera grave; nella seconda fase c’è stata una ripresa, segnata però da una programmazione lenta e all’insegna dell’incertezza anche da un punto di vista economico, benché gli operatori italiani siano stati ampiamente ricompensati dal governo con ristori davvero generosi. Per una volta, dobbiamo segnalare che la reazione del governo è stata di grande attenzione in questo senso.
Dopodiché il mondo delle mostre è ripartito in grande spolvero, prima con il ritorno del pubblico italiano e da quest’anno anche con una ripresa poderosa del turismo internazionale. A oggi, il contesto è sicuramente positivo, e mi sembra che questo mondo sia più in salute di tanti altri. Al netto ovviamente dei problemi che affliggono tutti, dai costi dell’energia e dei trasporti allo spettro di conflitti.
Al di là della pandemia, negli ultimi anni gli editori d’arte si sono ritrovati a passare sempre più da “fornitori” di prodotti editoriali a produttori di mostre in prima persona. Cosa ha implicato questo allargamento del campo di azione in termini insieme di opportunità e di rischio?
Marsilio Arte nasce due anni fa per mettere insieme tutte le sue attività nel mondo dell’arte: attività più che quarantennali, ma non ancora raggruppate sotto un unico marchio. Marsilio Arte ha quindi l’obiettivo di gestire mostre, musei, editoria e una rete di bookshop.
La nostra presenza in Venezia, va da sé, è fortissima, perché siamo gli editori della Fondazione Guggenheim, della Pinault Collection – nelle sue sedi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana –, dell’Accademia di Belle Arti, della fondazione Anish Kapoor in via di costituzione. Venezia, grazie soprattutto alla Biennale, è diventata uno snodo cruciale per il contemporaneo, ma anche per l’antico, se penso alla recente mostra su Carpaccio a Palazzo Ducale. E ora, con l’apertura de “Le stanze della fotografia”, la città avrà da dire la sua anche in quell’ambito, sempre più importante e ricercato dal pubblico. A questo aggiungiamo un’altrettanto importante presenza nazionale: dal Maxxi alla Bicocca, da Brera a Palazzo Strozzi, giusto per citare qualcuno dei nostri partner.
Alla luce di tutto ciò, qual è quindi il rapporto dell’editoria specializzata con il pubblico?
L’idea di base è che lavoriamo con il pubblico o il privato fornendo ciò che di volta in volta serve, dal solo catalogo al singolo bookshop, all’organizzazione di una intera manifestazione espositiva. Per noi non si tratta solo di realizzare mostre intese come singoli episodi, ma di costruire relazioni che durino nel tempo. Noi agiamo sulla dimensione del servizio, per cui da una parte aiutiamo a realizzare progetti e dall’altra a costruire reti, connessioni che diano un senso a tutto ciò che avviene. Infatti abbiamo costruito una piattaforma di comunicazione e un magazine – C’è vita su MArte – che raccontano proprio le nostre attività e quelle dei nostri partner.
Cataloghi e guide museali sono diventati il principale genere editoriale legato all’arte, ma non mancano altri tipi di pubblicazioni, dalle grandi monografie ai libri per i più piccoli, alla saggistica e alla narrativa. Qual è il loro peso attuale? Quale funzione svolgono e per quale pubblico?
L’evento espositivo è parte cruciale per costruire la dimensione economica di un libro illustrato: purché il catalogo sia un libro con una piena autonomia rispetto alla mostra. Il catalogo di mostra ha infatti subito un’evoluzione che ha ampliato la sua funzione e la sua natura. Un po’ perché il mercato si è asciugato, un po’ perché il sistema è molto complesso e costoso. Perché un grande illustrato abbia una sua ragione economica ormai tre sono le modalità: l’evento espositivo, la partnership con un soggetto interessato, pubblico o privato, un mercato internazionale con coedizioni o pubblicazione diretta in altre lingue.
I libri d’arte che da soli possano pensare di reggere i costi di diritti e produzione sono sempre più rari, e il mercato del libro è di per sé più lento. La mostra, invece, innesca reazioni più veloci in termini di ritorno mediatico e di risposta del mercato librario. Se pubblichi un libro d’arte, un grande illustrato solo per la libreria e solo per l’Italia, hai una prospettiva di vendita spalmata su più anni. Per questo il bookshop museale e la mostra accelerano in maniera decisiva e irrinunciabile le dinamiche di vendita.
Qual è lo spazio, oggi, per una editoria di divulgazione che svolga lo stesso ruolo che a metà anni Sessanta qualificò una collana a bassissimo prezzo come “I maestri del colore”? E che spazio immaginate per l’editoria d’arte nel prossimo futuro?
La divulgazione c’è, viene fatta, ed è ancora importantissima. Ma ha altri modi e altre vie rispetto al passato. Progetti di collana fanno sempre più fatica a trovare identità editoriale e culturale anche solo prima di porsi il problema di un mercato. Questo perché nell’editoria d’arte ormai la competizione è globale – basti pensare ad attori come Taschen, Phaidon, Thames & Hudson, con le loro grandi possibilità di investimenti –, il che significa che ogni nuova uscita deve aprire nuove interpretazioni, nuove letture di un artista.
Per questo la mostra e il catalogo di mostra hanno acquisito nuova centralità: non si tratta di appendere dei quadri in una sala e vendere il catalogo come un souvenir, ma di allestire una mostra visitabile in profondità; si tratta di creare progetti con una curatela forte e un chiaro indirizzo di studio, i quali diventano anche grandi occasioni per rileggere criticamente e prospetticamente un artista, un movimento, un periodo.
Proprio perché il pubblico e il mercato sono cambiati, la stessa saggistica si è avvicinata sempre di più alla cosiddetta “varia”, e il primo canale della divulgazione non è più il libro, ma la televisione. II che comporta che oggi non è il progetto, la collana al centro della divulgazione, ma la figura, ampiamente televisiva, dell’autore, del divulgatore.
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In alto, foto dell’allestimento di Helmut Newton Legacy, Palazzo reale © Luca Zanon