Una nuova casa editrice d’arte volta alla sperimentazione. Intervista all’editore.
Di Paolo Soraci
Dopo decenni di direzione editoriale nel mondo dell’editoria d’arte, Dario Cimorelli, studioso, curatore di mostre, autore di saggi, decide di correre da solo e dà vita a una casa editrice che porta il suo nome e che punta sui long seller. Dunque, cataloghi di mostre, ma anche monografie e saggi sull’arte, giocando da un lato su guide brevi e dall’altro su volumi d’approfondimento. Ma quali sono le peculiarità di questa nuova casa editrice d’arte? Ne abbiamo parlato con lo stesso editore in una lunga intervista.
Perché Dario Cimorelli Editore? Cosa distinguerà questa nuova casa editrice dalle altre già presenti sul mercato?
Beh, nel settore dell’editoria, e non solo, come per le gallerie d’arte nel campo delle arti visive, il nome è in qualche modo una presa di responsabilità nei confronti sia del pubblico che degli autori. In termini molto semplici, uno ci mette la faccia e quindi in qualche modo è una forma di garanzia. L’esperienza che mi porta oggi ad aprire una nuova casa editrice è che credo ci siano degli spazi molto ampi in questo settore. Nelle arti visive c’è la possibilità di costruire un laboratorio di ricerca nel quale sperimentare e quindi collegarsi in qualche modo alla contemporaneità.
E il libro nato da Gutenberg, in questi cinque secoli abbondanti, ha conservato quasi immutabili le sue caratteristiche fisiche, esteriori, ma è profondamente mutato nella sua genesi, non tanto nel risultato finale come libro, quanto nel modo in cui viene costruito. E’ un po’ questo che mi spinge oggi ad aprire una nuova casa editrice: l’idea di sperimentare, cioè di restare molto collegato a ciò che succede nel mondo, dimostrando che anche un prodotto tradizionale come il libro poi alla fine non ha età e non ha cicli di vita.
Sempre di più il ruolo di editore d’arte va sovrapponendosi a quello di organizzatore di mostre e di gestore di eventi artistici a tutto tondo. Un’evoluzione che proprio in Dario Cimorelli ha trovato un convinto interprete negli anni. La strada resta questa anche dopo le dure prove della pandemia?
Facendo un paragone azzardato, la fine della pandemia è un po’ come la fine della prima guerra mondiale, quando la tragedia europea determinò due tipi di reazioni: una nutrita del dolore vissuto, della disperazione di una generazione, l’altra votata all’eccesso opposto, come il decò per esempio: eccesso di lusso, eccesso di piacere, un eccesso di vita in qualche modo. Oggi la pandemia sta in qualche modo facendo esplodere fenomeni simili, penso all’irrefrenabile desiderio di stare all’aria aperta seguito ai mesi di lockdown. Veniamo dal Salone del mobile a Milano, dove non si riusciva a camminare per quanta gente si era riversata sul Fuorisalone. Questo mi fa dire che il pubblico c’è, è molto attivo e risponde anche molto bene.
Il mio obiettivo è quello di costruire progetti culturali. Sono poco interessato a progettare una mostra per la mostra, sono molto più interessato a costruire sistemi, modelli che possano aiutare la transizione del sistema Italia da un sistema industriale che sta via via cambiando in un nuovo modo di presentarsi al mondo. Però occorre farlo con una certa qualità, i sistemi culturali e i libri, poi, sono molto connessi. Quindi quanto si cerca la qualità nel progetto culturale tanto si crea e si cerca la qualità nel prodotto editoriale.
Le prime uscite hanno coperto ambiti anche diversi del mondo artistico: dalla fotografia di Arnold a un altro fotografo, artista, pittore, disegnatore, attivista culturale come Man Ray, che è comunque un pezzo di storia del Novecento, fino a espressioni più vicine alla contemporaneità e all’arte antica. Quindi, Dario Cimorelli Editore si muoverà tout azimut.
Sì, non ho mai pensato alla casa editrice come una casa editrice specializzata in un singolo ambito. Ho sempre pensato che l’esperienza che si può costruire e avere in un ambito possa essere trasferita in uno attiguo e che gli ambiti settoriali e cronologici non debbano essere un limite. Ma d’altra parte, per ogni ambito ho sempre considerato una strategia, quindi nel settore della fotografia c’è un progetto ben specifico, nel settore dell’arte antica e moderna, altrettanto.
Poi, le esperienze sono connesse, per riuscire a cogliere in ogni ambito il meglio possibile. Quindi la casa editrice in qualche modo segue questa suddivisione di arte, design, fotografia e architettura come filoni prevalenti. E questo non soltanto nelle iniziative espositive, ma anche nella saggistica correlata. Ora siamo usciti con Eve Arnold e Man Ray nel settore della fotografia, in questo caso il Man Ray più fotografo che artista a tutto tondo, ma dall’autunno apriamo una collana di scritti sulla fotografia e il primo volume presenta gli scritti di Gabriele Basilico in occasione delle mostre che saranno realizzate a Milano.
Quali altre novità? Alcune delle prime uscite le abbiamo già citate, ma quali altri libri di Dario Cimorelli aspettano l’incontro con l’editore nelle librerie? Quali arriveranno nei prossimi mesi?
Nel settore della saggistica nel giro di prossimi sei mesi avremo una serie di libri che sono legati o a delle monografie come Filippo Della Valle, scultore del Settecento romano, o a singole opere come la Maddalena giacente di Canova, a cui si associa un progetto pluriuniversitario, nel senso che coinvolge un consorzio di università legate al riuso dei manufatti medievali nei secoli successivi. La casa editrice dà esito a uno studio molto ampio a livello territoriale su come i diversi manufatti sono stati utilizzati per altri usi nei secoli seguenti: hanno perso il loro uso originario e sono diventati altre cose. Il rapporto con le università è una cosa che mi interessa particolarmente e in qualche modo bilancia la temporaneità degli eventi espositivi, che durano comunque tre o quattro mesi e che in qualche modo rappresentano ciclicamente non solo degli approfondimenti, ma un livello di proposta completamente diversa. Uno studio pluriennale su un tema può dare esito a un saggio, una proposta culturale che dialoga con il visitatore ne ha tutt’altro. Si cerca di trovare un giusto equilibrio tra l’uno e l’altro. Sempre parlando di saggistica poi, darò seguiti a quello che proprio un mio pallino, quello di restituire alle generazioni attuali e future i classici della critica d’arte. Continuo quindi il mio progetto sugli scritti e le corrispondenze di Federico Zeri e a settembre usciamo con Pittura e Controriforma, con la prefazione del professor Prosperi, la postfazione del professor Bacchi, direttore della Fondazione Zeri di Bologna. Un altro modo di procedere in questo bilanciamento tra approfondimenti e proposte espositive.
Trovate la versione audio della nostra intervista nel sedicesimo episodio di INDIE – Libri per lettori indipendenti, il podcast di PDE.