Il giornalista racconta la nostra storia criminale dall’unificazione a oggi in Sangue Italiano. Noi lo intervistiamo su #PDESocialClub.
Se siete amanti del thriller, del giallo e soprattutto di “nera” e di true crime, l’appuntamento di giovedì 27 giugno, come sempre alle ore 18.00, sarà per voi imperdibile. A #PDESocialClub, sulle pagine Facebook di PDE, dell’editore e di tante librerie indipendenti, incontriamo infatti Roberto Casalini e il suo Sangue italiano. Delitti, criminalità e violenza pubblica dal 1860 a oggi, editore Neri Pozza.
La cosa più sorprendente, a leggere i più di centocinquanta casi raccolti in Sangue italiano, è la permanenza della memoria dei casi criminali, e non diciamo tanto della memoria storica, ma proprio della nostra postumissima memoria personale. Gli omicidi funzionano come le canzonette: così come chiunque, pur nato a decenni di distanza, ricorda almeno i primi versi di Parlami d’amore Mariù o di Papaveri e papere, allo stesso modo tutti sappiamo di cosa si parla se sentiamo il nome di Wilma Montesi o di Girolimoni, di Maria Goretti o di Leonarda Cianciulli: assassini e vittime, colpevoli e innocenti poco importa, il loro nome si è inciso nella memoria della nazione, a volte grazie a una icastica definizione, un’immagine cristallizzata dall’uso né più né meno, appunto, come il titoli di una canzone: “Il biondino della spider rossa” vale Il pinguino innamorato, come “La saponificatrice di Correggio” tocca sinapsi simili a quelle attivate da Maramao perché sei morto?.
Non che manchino le sorprese, d’altra parte, Roberto Casalini ha ricostruito nelle trecento pagine di Sangue italiano più di centocinquanta casi di cronaca, applicando la velocità, la capacità di sintesi, la vividezza di caratteri e situazioni affinate nella lunga militanza giornalistica, dagli anni gloriosi dell’Europeo a Repubblica, da Wired a Millennium, alla storia criminale dell’Italia unita. E allora, cinque capitoli: “I primi passi del regno (1860-1900)”, “Due guerre e una dittatura (1901-1945)”, “La lunga ricostruzione (1946-1968)”, “Anni di stragi, anni di piombo (1969-2000)” e “L’età dell’ansia (2001-2023)” tutti introdotti da poche, dense pagine di inquadramento storico e sociale, cui seguono, in sequenza cronologica – due pagine a testa, esaustive quanto veloci – gli omicidi più significativi, le uccisioni più memorabili, le stragi più efferate, e spesso i casi più strani che hanno segnato quel periodo.
Spesso chi redige simili repertori criminali sceglie, drasticamente, nel mare magno delle morti violente, una specializzazione piuttosto che un’altra. Il più delle volte, l’omicidio politico viene “espunto” come ontologicamente, esteticamente diverso dall’omicidio di “passione civile”, sia per rapina, per odio o per gelosia e in una ancora diversa dimensione sembra vivere la criminalità organizzata, per non parlare della specialità tipicamente italiana dell’uccisione, spesso di massa, a opera dello Stato. Casalini tiene tutto insieme, la violenza privata, quella politica e quella mafiosa, l’omicidio familiare e il banditismo, le stragi nere e le imprese dei serial killer, Bava Beccaris e Vallanzasca, Pacciani, le BR o Pippo Calò, e questo, specie se applicato ad alcuni periodi della nostra storia provoca inediti e sorprendenti corto circuiti.
Come per gli anni Settanta, che di solito vengono analizzati per comparti separati: da un lato la dilagante violenza politica, dall’altro lo sviluppo delle mafie fuori dalle loro regioni d’origine, da un’altra parte ancora la vivace industria dei sequestri di persona e delle rapine, e infine l’insorgere di quei delitti “della porta accanto” che segneranno in maniera crescente i decenni successivi. A vedere tutti questi casi insieme, si scoprono frequenti passaggi da un livello all’altro: militanti politici che si finanziano con rapine e sequestri, delinquenti comuni che si “politicizzano” in carcere portando in dote i loro metodi, mafiosi che fanno favori ai politici fornendo killer e basisti, sicari che passano da uno all’altro, assassini “privati” ed efferati che rispondono con inquietante frequenza a ideologie aberranti quanto i loro atti.
Insomma, un’Italia grondante sangue, con gli anni più recenti all’insegna di un progressivo calo dei crimini violenti, con l’eccezione, drammatica e stridente dei femminicidi, vera sigla dell’Italia letale del nuovo millennio. Probabilmente, la domanda se gli italiani nutrano una maggior vocazione di altri al delitto di sangue, non ha risposta possibile, resta il fatto che dall’Alighieri a Guicciardini, sù sù, fino alle cronache d’ogni giorno, la storia italiana gronda di sangue, pullula di omicidi in tutte le soluzioni, con tutti gli stili e gli strumenti, in risposta a tutte le motivazioni possibili e immaginabili.
Di tutto questo, naturalmente, parleremo con l’autore giovedì 27 giugno sugli schermi di#PDESocialClub su Facebook, Youtube e sulla pagina LinkedIn di PDE.