Leggere. La scienza sottovalutata

Leggere. Ci sembra la pratica più naturale del mondo, dopo aver imparato a farlo. Ma come facciamo a imparare?

Leggere. La scienza sottovalutata, saggio appena pubblicato da Treccani, parte da questa domanda. Lo ha scritto il neuroscienziato cognitivo Mark Seidenberg. Di formazione psicologo e con una specializzazione in psicolinguistica, si occupa da sempre di studiare la lettura in tutti i suoi aspetti.

Negli ultimi anni si è sviluppata una vera e propria scienza, ancora poco conosciuta, che si occupa di studiare la lettura dal punto di vista di diverse discipline – linguistica, psicologia e neuroscienze – che lavorano in sinergia, con l’obiettivo di capirne i meccanismi.

Dunque, come si acquisisce questa capacità? Quali sono le principali cause dei problemi legati alla lettura? Si tratta di una questione sia fisiologica, che sociologica. Seidenberg si è occupato, negli anni, di studiare i livelli di alfabetizzazione negli Stati Uniti e analizzare come questi siano collegati alla disuguaglianza economica e sociale.

Ha così registrato un progressivo peggioramento degli standard di lettura della popolazione, identificando le cause nel metodo d’insegnamento della lettura a scuola, fondato su teorie anacronistiche e che non tengono conto dei diversi tempi d’apprendimento di ogni persona.

Si tratta, naturalmente, di una questione che non riguarda solo gli Stati Uniti. L’abilità di lettura è in peggioramento ovunque. In Italia è inferiore alla media Ocse. Il fenomeno si ricollega anche a quello del crescente analfabetismo di ritorno, cioè la perdita di competenze acquisite ma non assimilate per mancato esercizio. Il responsabile è sempre il metodo.

Leggere. La scienza sottovalutata, raccoglie le sue osservazioni e riflessioni sulla questione. È necessario ripensare le modalità per poter recuperare il tempo perduto, guardare la lettura attraverso la lente della scienza. Un libro prezioso, rigoroso e scorrevole, che coniuga teoria e pratica e rappresenta non solo un punto di partenza per ripensare i metodi d’insegnamento del futuro, ma anche per capire come funziona il nostro cervello e conoscerci un po’ meglio.