A #PDESocialClub intervistiamo lo scrittore triestino in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, L’avventura terrestre.
Il prossimo ospite di #PDESocialClub, il 2 marzo alle 18.00 sarà Mauro Covacich con il suo nuovo romanzo, L’avventura terreste, da poco pubblicato da La nave di Teseo. Come sempre, l’incontro sarà disponibile in streaming sui canali social di PDE (Facebook, Instagram, Linkedin, Twitter, YouTube), dell’editore e delle librerie che vorranno condividerlo sul proprio profilo Facebook.
Nelle intense trecento e più pagine de L’avventura terrestre abbiamo conosciuto un giovane bagnino di robusti appetiti sessuali e di intensi interessi letterari, ha sempre un libro in mano, gli occhiali, gli altri bagnini lo sfottono, lo chiamano “il Conte”. È perseguitato da un fantasma, un uomo grigio, già in età, quasi calvo, che gli appare nei momenti meno indicati per lanciare strane profezie sul suo futuro. La sua voce è in prima persona.
Parallelamente abbiamo seguito il lungo fine settimana di un altro protagonista, sulla cinquantina, i ricci di gioventù hanno lasciato da tempo il posto a una incipiente calvizie. Non si tratta di un fine settimana qualsiasi. Gli è appena stata diagnosticata una neoformazione. Nella testa. Potrebbe trattarsi di un tumore. E deve attendere, assieme alla sua compagna, che arrivi il lunedì per sottoporsi alla risonanza magnetica. Risolutiva per sapere quale destino, mai così letteralmente benigno o maligno, lo attende. Il suo racconto è in terza persona.
Il tempo va impegnato, le ore devono passare, possibilmente senza cedere all’ansia montante. Deve sperare nel meglio e prepararsi al peggio. Deve sistemare le cose, fare i conti con un po’ di sospesi, per esempio cancellare una manciata di e-mail nate da una quasi relazione con una donna, una giovane madre, conosciuta in piscina.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, ripercorre tutte le stazioni della sua vita, dal primo matrimonio all’incontro con l’attuale compagna, che non dovrà mai trovare le mail “dormienti” nel suo computer, la relazione con il padre e la madre, le origini umili in una Trieste rimpianta e abbandonata assieme agli amici dell’adolescenza, lo sforzo per conquistare uno status sociale e letterario – è infatti scrittore di un certo successo. Poi l’approdo a Roma, il nuoto e i libri, la rassegnata ossessione per il sesso e l’eccitato affetto per Moana Pozzi… esce di casa, tiene una conferenza in un circolo di lettura nella periferia romana, medita il suicidio, prova a metterlo in pratica, rinuncia, fa l’amore con la sua compagna…
Il “Conte” e il malato sono la stessa persona in momenti diversi della vita? Il malato è un fantasma dal futuro? Un po’ Joseph K. – quante volte viene citato Il castello? – un po’ Leopold Bloom e un po’ doppio dostojievskiano, questo forse duplice protagonista “abita” le pagine di Covacich con una straziante vitalità, che l’ansia per l’imminente verdetto non fa che aumentare parossisticamente.
Aneddoti, ricordi, incontri, peripezie, riflessioni, sogni e fantasticherie oniriche si succedono, si accavallano e ritornano di pagina in pagina. Ma c’è il controllo della scrittura, la piena maturità e consapevolezza di uno stile davvero maturo a tenere insieme, far progredire il racconto, mantenere compatta la nostra voglia di lettura, la nostra empatica aderenza a una vicenda tanto quotidiana quanto esemplare.
Avremo molte cose da chiedere a Mauro Covacich giovedì 2 marzo. Quelle che abbiamo accennato nelle righe qui sopra, e altre, come l’amore per il cinema, così presente e citato in queste pagine, compresa una sotterranea ma quanto romana vena felliniana, da 8 ½. Ma ne parleremo con lui.