L’ultima cosa bella sulla faccia della terra, edito da Adelphi, segna l’esordio assoluto di Michael Bible nel panorama italiano. E l’autore presenterà il suo romanzo in un tour di tre tappe.
di Luca Bonifacio
È la fine degli anni Novanta, o forse gli inizi del Duemila. Nella Prima chiesa battista di Harmony si celebra messa. Durante la funzione del pastore Green, mentre tutti i fedeli sono raccolti in preghiera con gli occhi chiusi per chiedere al signore “più soldi, meno malattie, più tempo”, un ragazzo si avvicina al centro della navata. Dopo svariati e tremuli tentativi, il giovane Iggy dà fuoco a sé stesso, nonché alla chiesa intera.
Attorno a quel rogo, in cui moriranno venticinque fedeli, si costruisce la storia, la narrazione e lo stile del romanzo L’ultima cosa bella sulla faccia della terra di Michael Bible, per la prima volta tradotto in italiano da Adelphi Edizioni.
Quel gesto estremo è il centro del libro, ma le sue cause sembrano essere un fuoco fatuo. Anche perché dietro a quel rogo c’è un’America quieta, limpida e placida come il cristallo che si rompe a colpi di frasi laconiche e apodittiche.
Siamo nella cittadina di Harmony, una come tante nel Sud degli Stati Uniti, “piena di santi e peccatori”, un po’ razzista, un po’ bigotta, un po’ omofoba, in una comunità dove la morte non è concepita se non nella sua variante del “passare a miglior vita”.
Dal fumo nero di quel gesto sembra stagliarsi però anche il canto di una giovane generazione perduta che cerca riparo dalla realtà. Una generazione che stranamente le ricorda un po’ tutte nei quattro capitoli in cui quattro voci – tra cui proprio quella di Iggy – si legano a quel tragico fatto.
Ovviamente non c’è giustificazione e nemmeno l’eventualità di comprendere il gesto, eppure nel romanzo ci viene data la possibilità di intraprendere uno strano viaggio empatico nella mente di Iggy: un ragazzo cresciuto prendendo libri a caso dalla biblioteca pubblica, con l’unico sogno di bruciare di vita nella sua totale assenza, di morire felice nella sua pienezza.
Nel romanzo di Bible emerge allora un insolito, irrequieto e solitario rapporto tra senso, dolore e tempo: una sorta di “costante” in un Paese che assume tratti biblici e che ancora sentenzia pene di morte.
Ma mentre la storia brucia alla velocità di una foglia in caduta da un corniolo, Bible ce la racconta appiccando un rogo controllato da una paratassi portata allo stremo, che non ci permette di capire se ci troviamo di fronte a un’allucinazione, a un incubo o solo alla realtà delle cose.
Si legge d’un fiato, come si dice da queste parti, ma in un senso un po’ diverso rispetto a quello in cui intendiamo generalmente l’espressione: Bible non ci lascia respirare, non ci concede diritto di replica. E basta leggere le prime righe per capire che siamo davanti a chi non ha bisogno che di un paragrafo per descrivere il mondo.
L’autore statunitense cerca di spezzare così, a modo suo, quel famoso mare ghiacciato di cui tanto si parla – e che tanto si cita – con L’ultima cosa bella sulla faccia della terra. Con frasi talmente spiazzanti che viene quasi voglia di impararle a memoria: “as the Bible”, come dicevano i nostri professori di inglese.
Il tour
Come detto, Michael Bible arriva per la prima volta in Italia grazie ad Adelphi e alla traduzione di Martina Testa. Ci arriva però nel vero senso della parola, perché a partire dal 15 settembre sarà il protagonista di un tour italiano di tre tappe, per raccontarci che cos’è, secondo lui, l’ultima cosa bella sulla faccia della terra.
- Venerdì 15 settembre, ore 19.00
Pordenonelegge, Auditorium Istituto Vendramini
In dialogo con Marco Balzano
- Domenica 17 settembre, ore 19.00
Eastriver Martesana, Milano
In dialogo con Carlo Mazza Galanti
- Lunedì 18 settembre, ore 18.30
Circolo dei lettori, Torino
In dialogo con Elena Varvello e Fabio Geda