Maurizio Donati, editor responsabile di Fuoriscena, ci parla del nuovo marchio editoriale.
di Paolo Soraci
Il parco degli editori italiani si è arricchito da poco di una nuova sigla. Si chiama Fuoriscena, nasce all’interno del gruppo RCS e si propone di pubblicare libri fortemente innervati nell’attualità e nella storia recente. A dirigerla è stato chiamato Maurizio Donati: una ventennale esperienza proprio su questi temi, prima in BUR Rizzoli e poi in Chiarelettere al fianco di Lorenzo Fazio. Parliamo proprio con lui della nuova casa editrice.
Cosa caratterizza Fuoriscena?
Siamo entusiasti del nome “Fuoriscena”, che incarna perfettamente l’essenza del progetto. Vogliamo raccontare ciò che non si vede, portando i lettori al di fuori della bolla mediatica, svelando ciò che si nasconde nell’ombra. Riteniamo che i libri siano strumenti fondamentali e il nostro obiettivo è valorizzarli al massimo. Ci concentreremo sui misteri italiani e internazionali, e daremo spazio anche alle contronarrazioni, a voci che magari ricevono un’attenzione laterale ma che hanno molte cose da dire.
Iniziamo con titoli di saggistica d’intervento con tutte le caratteristiche del pamphlet, un territorio in cui ho esperienza. Tuttavia, la nostra casa editrice nutre un’ambizione più larga, con l’obiettivo di “evadere dall’evasione”, per citare Jeffrey Eugenides, l’autore di Middlesex. Ecco, questo è l’esercizio in questo momento necessario: far sì che l’industria culturale non si riduca a industria di intrattenimento. Ovviamente l’intrattenimento porta valore, guadagno. Dall’altro lato, però, è anche poco lungimirante e finisce con l’impoverire alcune professionalità tipiche dell’industria culturale più tradizionale.
La saggistica contemporanea è, secondo me, una sfida fondamentale. Dobbiamo cercare di trasformare l’industria culturale, facendo in modo che i libri siano strumenti di riflessione e cambiamento. Fuoriscena si impegnerà in questa direzione, cercando di dimostrare quanto la lettura di un libro possa essere un atto rivoluzionario. Mi piacerebbe che questa cosa tornasse al centro della scena. Vorrei portarla fuori dal backstage e applicare questo esercizio a varie forme narrative, dalla saggistica d’intervento al giornalismo investigativo e a romanzi di carattere civile e sociale.
Entriamo nel vivo della programmazione editoriale, perché nei primi titoli già si toccheranno alcuni degli aspetti che ha messo in evidenza.
In questi mesi, abbiamo lavorato intensamente per un lancio potente e coerente con la visione di Fuoriscena. Il primo libro, Mai più Vajont, ha rappresentato un importante appuntamento, uscendo proprio in occasione del sessantesimo anniversario del disastro. Credo che il Vajont sia un monito anche per l’attualità. Mai più Vajont è firmato da due nomi importanti del giornalismo italiano: Riccardo Iacona, grande narratore nella sua trasmissione Presa diretta su Rai Tre, e Paolo Di Stefano, inviato speciale del Corriere della Sera. È una storia che ci parla ancora e Paolo di Stefano e Riccardo Iacona hanno fatto un lavoro di attualizzazione di quello che è successo, cercando di raccontarci perché, appunto, è importante considerare la vicenda come un monito.
Il secondo libro uscito ha segnato l’avvio di un altro filone distintivo della casa editrice: il recupero dei classici. Vogliamo trattare i classici come stimoli per riflettere sul presente, evitando di relegarli, come spesso accade, in un recinto isolato. Il primo di questa serie ha riunito i manifesti degli intellettuali fascisti e antifascisti del 1925. Il primo è firmato da Gentile e fu sottoscritto da oltre 280 intellettuali, il secondo da Croce e sottoscritto da altrettanti intellettuali, circa 250. I manifesti sono presentati con introduzioni di Alessandra Tarquini e Giovanni Scirocco, due storici contemporanei che ragioneranno a partire dal tema “Perché oggi?”. L’obiettivo è comprendere come il passato possa essere una chiave di lettura per gli eventi attuali, senza cadere nell’errore di analogie superficiali.
Secondo me è un libro utile per ragionare sul tema egemonia culturale di sinistra, egemonia culturale di destra, attraverso due documenti che fotografano le due questioni. Mi sembra un libro importante che spero possa essere percepito non come un classico messo subito a scaffale nella parte di settore della libreria, ma come un pamphlet da utilizzare oggi per pensare all’attualità.
Un altro libro su cui puntiamo molto è uscito in questi giorni, si tratta di L’economia è politica, di Clara Mattei, giovane economista con una carriera già solidissima alle spalle: è docente alla New School for Social Research a New York, un istituto internazionale prestigiosissimo, e non ha mai scritto nulla in italiano.
Mattei ha scritto un libro importantissimo, The Capital Order, pubblicato da Chicago University Press, tradotto in undici lingue. In Italia è stato tradotto con il titolo Operazione verità da Einaudi. Il nostro è un pamphlet di intervento sui temi dell’economia, un invito a considerare l’economia non solo come una serie di leggi astratte, ma come una manifestazione della politica stessa. Leggere il suo lavoro storico sull’austerità e portarlo sull’attualità è uno straordinario esercizio per capire quanta politica ci sia dietro l’economia.
C’è la sensazione che fare bene saggistica di attualità, mettendoci dentro tutte queste varianti, sia un lavoro molto complesso e ad alto tasso di progettualità. Come vi siete strutturati per affrontare questa sfida?
Questo tipo di editoria non ha mai a che fare con la mera esecuzione, bisogna metterci la testa, trovare una forma di narrazione, essere un interlocutore dell’autore. Operiamo all’interno di un sistema complesso, sia all’interno di RCS Corriere della Sera che dell’industria editoriale in generale, un sistema altamente strutturato e dotato di competenze di alto livello. La mia sfida è introdurre il mio approccio lavorativo in un sistema già solido, facendolo con la delicatezza necessaria e la cura per garantire, senza compromessi, la qualità del prodotto.
Ritengo essenziale che questi libri raggiungano standard qualitativi impeccabili, dai semplici refusi alla costruzione stessa della narrazione. Ciò che ci dà un avvio potente è il fatto che il nome stesso, a mio parere, ha un’identità forte. Pertanto, è cruciale perseguire quanto abbiamo detto con la massima fedeltà, attenzione e precisione. Sono convinto che questi libri diventeranno un elemento integrante di un’offerta già di per sé complessa e ricca.
Trovate il podcast della nostra intervista nel diciannovesimo episodio di INDIE – Libri per lettori indipendenti.