Dopo la vittoria del premio Pulitzer per la nonfiction, Neri Pozza torna in campo con il Premio Strega Europeo 2024: Triste tigre di Neige Sinno.
«Un riconoscimento del genere per me significa soprattutto che delle persone che hanno letto il mio libro facciano in modo che altre persone lo leggano, e per questo ringrazio tutta la giuria». Con queste parole la scrittrice francese Neige Sinno, autrice di Triste tigre, ha ritirato il Premio Strega Europeo, durante la premiazione avvenuta presso il Circolo dei lettori di Torino.
Edito da Neri Pozza, Triste tigre non è un diario, né tantomeno un saggio o una storia di finzione. È una testimonianza che va oltre l’esperienza personale dell’autrice, oltre la verità giudiziaria. Neige Sinno ha aspettato più di vent’anni per scrivere queste pagine che contengono la storia della scrittrice stessa e degli abusi che ha subito da bambina dal suo patrigno, dai sette ai quattordici anni. Nel 2000 Sinno e la madre hanno preso la difficile decisione di denunciare gli avvenimenti.
In queste pagine l’autrice scandaglia e indaga ciò che le è successo assecondando i limiti di una testimonianza soggettiva, pervasa da rabbia, mille interrogativi e immensa fiducia nel futuro. Sinno si mette costantemente alla prova, torna sui propri, passi e scandaglia la sua infanzia cercando di moltiplicare i punti di vista. La domanda intorno a cui ruota la sua prosa incalzante è: chi ha creato l’agnello ha creato anche la tigre?
Triste tigre risulta essere, oltre a una dolorosa narrazione autobiografica, una profonda riflessione sull’importanza del linguaggio e della letteratura così come il loro contrario, il silenzio. Quel silenzio imposto dal patrigno, rotto grazie alla parola, al confronto e al supporto delle persone a lei più care. Diventa così fondamentale per la donna ancorarsi a un qualcosa di sicuro, che la faccia sentire protetta: trova il suo guscio nella letteratura che diventa un rifugio nell’immaginario per scappare dalla spietatezza della vita attorno e dentro di lei, insomma una sorta di terapia d’urto.
«Sono molto riconoscente per questo premio che dà visibilità a un testo che non pensavo possibile avesse della visibilità», ha detto ancora Sinno, e l’idea stessa di visibilità, nel senso di rendere visibile questo tipo di esperienza traumatica per renderla collettiva, è proprio quello che rende Triste tigre un’opera tanto potente e difficile da dimenticare.