Trent’anni di “Scienza e Idee” in una intervista a Raffaello Cortina Editore.
di Paolo Soraci
Una casa editrice non è identificabile per forza con una sola collana. Ma è in compenso vero che nella storia di Raffaello Cortina Editore i trent’anni della collana “Scienza e Idee” sono un anniversario particolare, abbastanza unico. Perché? Perché attorno a questa collana si è generata una linea di continuità e di continua innovazione che ha in buona misura deciso l’identità della casa editrice.
Certo, alle origini della casa editrice c’è ovviamente la grande tradizione della clinica psicologica e della ricerca in ambiti scientifici d’altra natura, ma “Scienza e Idee” ha in qualche modo agglutinato anime diverse facendole lavorare insieme. Chiediamo conferma direttamente all’editore, Raffaello Cortina.
È vero, “Scienza e Idee” fa lavorare e interagire anime diverse. Se dovessi dare un nome oggi alla collana non sarebbe più “Scienza e Idee”, ma piuttosto “Scienze e Idee”, al plurale, che renderebbe meglio il senso del nostro progetto editoriale di questi trent’anni. Un progetto che ha fatto sì che la collana diventasse una delle intraprese di riferimento per la saggistica in Italia. Non una saggistica intesa alla vecchia maniera, gonfia di apparati che possono spaventare un lettore non specialistico, soprattutto se parliamo di libri non di approfondimento. Dico questo perché la collana ospita diversi livelli di lettura con la precisa intenzione di non escludere passaggi da un livello di complessità all’altro. Una persona si può avvicinare per la prima volta a un tema grazie a un libro divulgativo e poi approfondire quello stesso tema con un testo più complesso, restando sempre nel perimetro di “Scienza e Idee”. La collana ha avuto una lunga storia, è nata da un’idea di Giulio Giorello – che l’ha diretta per anni – e mia, con il contributo dei miei più stretti collaboratori.
Credo sinceramente che abbia formato diverse generazioni di lettori, non solo e non necessariamente specialisti, proprio perché è stata concepita per superare l’eterna divisione fra le materie scientifiche e le scienze umane. Prendiamo un filone di pubblicazioni recenti, tematiche di grande attualità come ahimè il cambiamento climatico. In “Scienza e Idee” abbiamo pubblicato molti libri sul tema, ma il cambiamento climatico non è solo un problema di natura scientifica. Certo, attiene all’inquinamento, alla meteorologia, ma ha ripercussioni anche sulla geopolitica, sulle migrazioni, sulla vita sociale delle persone. Recentemente in un’altra collana abbiamo pubblicato un manuale, molto tecnico, pensato per gli operatori, che riguarda appunto le problematiche psicologiche e psichiatriche legate agli aspetti ambientali.
Quindi convivenza di livelli di lettura diversi e incroci di discipline.
Sono sempre di più le tematiche di confine tra discipline diverse. Mi viene in mente un autore che abbiamo lanciato noi in Italia, Luciano Floridi, un filosofo che si interessa di intelligenza artificiale. I suoi libri hanno trovato lettori in ambiti completamente diversi, dai filosofi ai manager dell’information technology. D’altronde, in questi tempi in cui la IT inizia a confrontarsi con i territori vergini dell’intelligenza artificiale, la filosofia stessa è cambiata, è cambiato il modo di fare filosofia e c’è sempre più bisogno di coniugare le conoscenze scientifiche con quelle umanistiche. Tutti fatti che non fanno che confermare l’intuizione originaria di Giulio Giorello, che noi abbiamo mantenuto e sviluppato, facendone la specificità intrinseca della collana.
Abbiamo citato Giulio Giorello, primo direttore della collana, che era un filosofo della scienza. Oggi il testimone è stato preso da Telmo Pievani che è insieme un filosofo della scienza e un biologo studioso dell’evoluzione, e da Corrado Sinigaglia, altro filosofo della scienza.
Certo, e da tantissimi consulenti, perché la peculiarità di Giulio Giorello che noi abbiamo mantenuto è di avere sempre lavorato in équipe, avvalendosi di consulenze per tutti gli ambiti specifici, perché, per quanto Giorello avesse una cultura estesissima e vorace, sapeva di doversi rivolgere agli specialisti. Penso che l’unica persona – per altro anche lui un nostro autore – che oggi possa vantare una cultura altrettanto profonda ed enciclopedica sia monsignor Ravasi. A tutt’oggi molti dei nostri autori, non solo italiani, sono anche nostri consulenti, spesso senza un rapporto sancito da un contratto, ma solamente in virtù di una relazione di amicizia, di collaborazione con la casa editrice, di unità di intenti. Ci forniscono preziosi consigli, segnalano libri e autori, ci aiutano nella revisione di libri che traduciamo.
Questo è un aspetto davvero tipico del rapporto editoriale.
Sì, l’editore è fondamentalmente un costruttore di amicizie. Anni fa, a pranzo, uno dei nostri autori di maggior successo, Bessel van der Kolk, che ha scritto Il corpo accusa il colpo, mi chiese “Ma lei come fa a trovare i libri?” Io gli risposi “Vado a pranzo”. Il mio mestiere è in buona misura coltivare amicizie, trovare buoni ristoranti e mantenere viva la curiosità. Ossia, chiedermi per primo cosa vorrei leggere, di quali argomenti vorrei saperne di più, e chi potrebbe soddisfare queste curiosità. Identificarlo, portarlo a pranzo e diventare amici! La curiosità è alla base della buona editoria.
Resta il fatto che il mondo accademico resta il primo bacino da cui pescate i vostri autori.
Certo. E bisognerà poi ritornare a riflettere su quella che è un po’ la deriva dell’università e della cultura in senso lato, perché basta guardare le ultime elezioni e la media dei candidati per rendersi conto del livello culturale del Paese. Anno dopo anno, riforma dopo riforma, dall’introduzione dei crediti e poi del tre più due, l’università ha perso di profondità, col risultato di trovarci di fronte a un’università ampiamente “liceizzata”. E questo è un aspetto che tocca molto editori come noi, che non vogliono cadere nell’editoria usa e getta, del best seller del giornalista che va in tv tutte le sere e pubblica l’ennesimo libro che magari vende nell’immediato ma dopo un anno scompare non solo dalle classifiche, ma dalle bibliografie e dalla memoria. Noi facciamo ancora una saggistica di vecchio stampo, accademica, se vogliamo definirla così, ma che anche da un punto di vista del conto economico e della salute della casa editrice si è rivelata premiante negli anni. Tant’è che a fronte di 60/70 novità, ogni anni mandiamo in stampa qualcosa come 380 ristampe, sintomo di una solidità che deriva da un lavoro costruito in quarant’anni.
E come si compone allora questo catalogo? Prevalgono i classici o la ricerca?
Abbiamo sicuramente molti autori che ormai si possono definire dei classici. Ma forse la cosa più interessante è che le nostre collane, a partire da “Scienza e Idee”, ma non solo, ospitano titoli dei maggiori esponenti delle diverse discipline, anche quando affrontano gli stessi temi da prospettive diverse e magari confliggenti. Tipico l’esempio della filosofia della mente, dove facciamo convivere Anil Seth con Daniel C. Dennett, Michael S. Gazzaniga e Patricia S. Churchland, Thomas Metzinger e Eric R. Kandel tantissimi autori che confermano l’apertura della collana non solo alle discipline e alle intersezioni ma anche ai più diversi approcci teorici. Lo stesso possiamo dire della fisica, dove a stringhisti duri e puri come Leonard Susskind, con tre titoli importantissimi, si affianca Carlo Rovelli, massimo rappresentante della gravità quantistica.
Insomma, non bisogna avere paura della dialettica, del dibattito e dello scontro.
Ma proprio per niente! Recentemente, abbiamo pubblicato un best seller, il saggio di Piergiorgio Odifreddi C’è del marcio in Occidente, che ci ha dato grandi soddisfazioni in termini di vendita. Alcuni lettori che si sono scoperti contrari alle idee esposte nel libro, ci hanno scritto lettere di protesta. Un docente, del quale non farò il nome, ha detto avrebbe dato via tutti i nostri libri, che non avrebbe mai più comprato nessun nostro libro e ha chiesto di cancellarlo da e-mail e newsletter. Gli abbiamo risposto che l’editore non deve essere necessariamente d’accordo col pensiero dell’autore, tant’è che in “Scienza e Idee” abbiamo pubblicato, a distanza di pochi anni, un filosofo cattolico come Giovanni Reale, un marxista eterodosso come Toni Negri e Michael Walser, che è un liberale. Il punto centrale è la qualità, l’apertura, la capacità di confronto. Al professore che ci ha scritto arrabbiato abbiamo risposto citando il cardinale Martini, del quale pubblicammo tantissimi anni fa La cattedra dei non credenti: il cardinale Martini aveva l’apertura mentale che evidentemente questo docente non ha, per invitare a parlare persone non credenti di discipline diverse, da scienziati a umanisti.
L’ultima domanda voleva essere esattamente di cosa dovrebbero tenere conto i librai quando si parla di “Scienza e idee”. Quale deve essere il nucleo di attenzione di un libraio nel momento in cui guarda i suoi scaffali e si decide deve collocare questi libri?
“Scienza e Idee” va in settori diversi: in filosofia, in scienza, in sociologia, ma alla fine dipende anche dal pubblico che frequenta quella singola libreria. E anche questa è un’altra specificità di “Scienza e Idee”: prima facevo riferimento alla trilogia di Susskind, che presenta praticamente tre manuali sulla meccanica quantistica e la relatività, che sono però rivolti a un lettore con un minimo di basi scientifiche, ma a fianco c’è un libro come Alice nel paese dei quanti di Robert Gilmore, un grande divulgatore, che per introdurre il lettore alla meccanica quantistica usa la metafora del racconto. Un bravo libraio deve quindi saper distinguere non solo il tema che può interessare la sua clientela specifica, ma anche il livello di approfondimento.
Trovate la versione audio della nostra intervista nel venticinquesimo episodio di INDIE – Libri per lettori indipendenti.