Il nuovo saggio di Enrico Terrinoni, edito da Treccani, mescola scienza e letteratura per aprire nuovi possibili scenari nell’universo delle lettere. Noi ne parliamo direttamente con l’autore a #PDESocialClub.
di Luca Bonifacio
Che la letteratura fosse cosa oscura, un po’ lo sospettavamo. Ma che i suoi principi fossero più prossimi alla scienza di quanto non ci dica, qualche riserva ancora la tenevamo da parte, soprattutto per non far tremare i muri che ci circondano. A sciogliercela, quella riserva, e ad abbattere, quei muri, sarà ai microfoni di #PDESocialClub nientemeno che Enrico Terrinoni, ospite della puntata di giovedì 28 novembre alle 18.00, per presentare il suo nuovo saggio, oscuro e programmatico già solo dal titolo, La letteratura come materia oscura, appena edito da Treccani.
Scrittore, saggista, professore di Lingua e letteratura inglese all’Università per Stranieri di Perugia, nonché professore distaccato all’Accademia dei Lincei, Terrinoni è anche traduttore in Italia di autori come Alasdair Gray, Herman Melville (vedasi in libreria la recente e stupenda nuova traduzione di Bartleby lo scrivano, accompagnata dalle tavole di Manuele Fior per Neri Pozza), ma sua è soprattutto la prima edizione bilingue al mondo dell’Ulisse di James Joyce per Bompiani, così come è suo lo sforzo titanico di aver tradotto, assieme a Fabio Pedone, i libri III e IV del Finnegans Wake per Mondadori.
È un’esperienza abbastanza significativa, in termini di spazio “occulto” dei testi, per porsi nel suo nuovo saggio una domanda di apparente semplicità: che cos’hanno in comune la scienza e la letteratura? Se la domanda è semplice, la risposta potrebbe far vacillare anche i più scettici sostenitori di quella divisione che impariamo sui banchi di scuola. Perché Terrinoni ha deciso di adottare i principi che reggono le scienze, la teoria dei quanti e la cosmologia per indagare il “letterario”: o meglio la materia oscura da cui è composta la letteratura, nonché la maggior parte dell’universo nel quale ci troviamo. Il risultato di questo viaggio tra scienze dure e “molli”, tra buchi neri e abissi di significato, è allora un percorso lastricato da sentieri nuovi, aperti, sinistri, dove principi quali “simultaneità”, “relazionalità”, “indeterminazione” o “entanglement”, si trovano a dialogare con la scrittura, l’interpretazione, il pensiero, la lettura, l’ambiguità insita nelle parole. Sono sentieri in cui vediamo nascere connessioni eretiche e pericolose tra le idee, un sabba in cui a dialogare silenziosamente e da lontano sono Stephen Hawking e Giorgio Manganelli, Giordano Bruno e William Blake, Carlo Rovelli e José Saramago, Avi Loeb e Alasdair Gray, Werner Karl Heisenberg e William Empson, Carlo Emilio Gadda e Hugh Everett, James Joyce e Albert Einstein.
Ma da traduttore di testi “frattalici”, estremi e impossibili, quell’ambiguità che la letteratura nasconde nelle sue voci, e che condivide con la scienza, Terrinoni la conosce bene. Infatti, mentre ci spiega in modo chiaro la natura di un principio quantistico, così come le vie infinite per leggere un testo, ci rivela, facendoci da mediatore, traduttore, interprete, medium, le implicazioni profonde del dire, le ombre che si rincorrono dentro alle parole. Lo fa in un saggio di poco più di centocinquanta pagine, compiendo un percorso a ostacoli nel ‘’mare dell’interpretabilità’’ e nel mistero dell’arte, adottando il linguaggio della scienza per giocare però con “etimologie patafisiche’’, facendosi anche lui “alchemico” e “astrologo” della parola (trovasi significati di curiosi neologismi quali “coincidanze”, “labiruncubi” ed “esitanze”), facendoci anche riflettere sull’utilizzo, sugli usi e sugli abusi, dei nostri lemmi quotidiani.
Terrinoni ci mostra così il lato materico, tangibile, vivibile e divinatorio – diciamo pure l’anima – che si cela in qualunque testo che chiamiamo “letteratura”. Ma davanti al possibile senso di vertigine, Terrinoni non solo non porta timore, “specula” mettendoci in guardia dai pericoli di ogni illusoria, paranoica e deterministica lettura di un libro: professa piuttosto una “battaglia contro sterili specialismi” che tanto deve e si rifà alle Lezioni americane di Italo Calvino.
E proprio da quelle Sei proposte per il nuovo millennio, capiamo che a considerare il testo del Terrinoni come un saggio sulla letteratura – così come a tenere ancora per buona la dicotomia tra scienza e arte – rischiamo di incappare in un mare di ingenuità. Dobbiamo piuttosto parlare di un saggio “simultaneo” sulla scienza, sulla scrittura, sulla traduzione, sull’interpretazione, sul funzionamento della nostra mente, su Joyce, ma anche di un pamphlet accademico, di un ‘’manifesto esoterico’’, di un appello accorato e appassionato alla lettura. Perché potrebbe capitarci di scoprire come leggere il futuro attraverso i libri del passato, come “leggere il buio”, leggere oltre, di capire che la questione estetica è molto più etica di quello che crediamo. Anche perché, ci insegna Terrinoni, gli unici veri protagonisti di questa storia di paradossi, di scienza e di arte chiamata letteratura, gli unici capaci di non destinare la viva letteratura a una semplice “lettera morta”, siamo sempre e solo noi comuni lettori.
La questione è oscura, ma decisamente troppo interessante per non farci chiarezza. La faremo giovedì 28 novembre in compagnia dell’autore sulle pagine Facebook di PDE, di Treccani, e delle tante librerie indipendenti che condivideranno la nostra conversazione. Come sempre, la diretta potrà essere seguita anche sul profilo LinkedIn, su Youtube e sul sito di PDE.