Ambrogio Borsani ci regala una spassosa storia dei rapporti tra libro e pubblicità
Suona sempre curioso, ma è un dato di fatto, il libro, il vecchio libro, il desueto, fragile, debole libro, è un campione di innovazione. Da Gutenberg in poi, si tratti di tecnologia, di organizzazione del lavoro (nel bene come, molto spesso, nel male), di commercializzazione (con cosa è partita Amazon? con i libri!) i libri hanno aperto la strada e il mondo ha seguito.
Non stupirà allora scoprire che anche la pubblicità come modernamente la intendiamo, è nata con i libri, e solo in un secondo momento è dilagata in ogni immaginabile e assai più ricca merceologia.
Ce lo insegna l’agile, documentato, piacevolissimo libro di Ambrogio Borsani La claque del libro, appena uscito da Neri Pozza. D’altra parte, Ambrogio Borsani è stato un importante pubblicitario per numerose agenzie internazionali, a partire dalla leggendaria Doyle Dane Bernbach, e ha insegnato comunicazione in diverse università italiane, dall’Orientale di Napoli alla Statale di Milano e all’Accademia di Brera. Ma anche e soprattutto, Ambrogio Borsani è un raffinato lettore, un amante del libro e della sua storia che nel 2002 ha fondato e fino al 2007 diretto la bella rivista per bibliofili “Wuz”, uno scrittore con all’attivo molti romanzi, memoriali di viaggio e soprattutto libri per ragazzi. Questi ultimi tradotti un po’ ovunque.
Chi meglio di lui allora, per raccontare la storia del rapporto tra il libro e la pubblicità, dalle origini nell’Ottocento ogni giorno più moderno, fino alla più complessa e contraddittoria contemporaneità?
La scansione è insieme cronologica e tematica. A ogni passaggio infatti si allarga il campo d’azione della pubblicità editoriale, si allarga il bacino dei lettori e si approfondisce la crisi del libro. Sembrerà paradossale, ma chiunque abbia lavorato in editoria anche solo due mesi, capirà.
Si parte da Gutenberg e soci. Peter Schöffer, uno dei soci, non fa in tempo a partecipare all’invenzione della stampa a caratteri mobili e ad affiancare alla Bibbia a 42 linee una manciata di altri titoli che subito inventa i “precedenti di collana”, insomma la lista dei titoli pubblicati e disponibili, e la “locandina” pubblicitaria. D’altra parte, crowdfunding e leaflet promozionali se li inventa Denis Diderot per finanziare e prevendere l’Encyclopédie. Questo, subito dopo essere uscito di galera per merito dei finanziatori dell’opera, che insistono presso la Corte per farlo rilasciare, terrorizzati dal forzato immobilizzo dei loro capitali.
Insomma, La claque del libro ci trascina in una corsa attraverso i secoli. Attorno a noi scorrono l’invenzione dell’affissione stradale e la sua obbligata regolamentazione, la nascita della pubblicità novecentesca – con la complicità di avanguardie entusiaste e spregiudicate come il futurismo dei Depero, dei Marinetti, dei Rodcenko, pronti a mettere le loro competenze letterarie e artistiche al diretto servizio della réclame -, il rapporto a dir poco dialettico dei letterati con la pubblicità, tra un Palazzeschi e un Cendrars cantori, un James Joyce affascinato ma forse anche no, un Bontempelli che accetta la proposta della FIAT di scrivere un romanzo con al centro il nuovo modello della casa torinese.
E poi, le tecniche di lancio inedite per successi planetari come Via col vento o Il piccolo principe; la nascita dell’ufficio stampa e quella delle PR; lo scrittore che diventa promotore di se stesso, D’Annunzio in testa a tutti; l’uso dei libri nelle pubblicità di altri prodotti – mobili, certo, ma non solo –; l’invenzione del testimonial, con scrittori della levatura di Mark Twain, Ernest Hemingway, Bret Easton Ellis che si prestano a pubblicizzare con la propria presenza e le proprie parole marche di tabacco da pipa, di birra, di occhiali da sole. Per non parlare di Papa Leone XIII che finirà testimonial – solo sul mercato anglosassone – del Vin Mariani, tonico alla coca celebre a fine ottocento.
Ironico e goloso di aneddoti quanto lo saranno i suoi lettori, Ambrogio Borsani si accende di toni elegantemente polemici solo verso la fine, nel capitolo dedicato alla nascita del marketing editoriale. Ma si sa, Borsani è un creativo, e tra creativi, sempre a caccia di effetti spiazzanti, straniamenti e mosse del cavallo, e uffici marketing tutti sondaggi, test, trend e conferme di trend, buon sangue non ne è mai corso.
L’ultimo, disincantato e realistico capitolo, è dedicato ai due più imprendibili ma risolutivi elementi di successo per un libro e un autore. Il primo è il caso. E ne sa qualcosa Aimé Cesaire, che sarebbe restato un oscuro poeta martinicano, se la Seconda Guerra Mondiale, l’invasione nazista e una merciaia di Fort-de-France non avessero congiurato per mettere una sua poesia sotto gli occhi di André Breton in fuga oltre Atlantico. Il secondo si chiama passaparola, o esempio, o carisma: per far leggere niente di meglio di un insegnante capace, di un genitore amoroso, di un amico lettore appassionato. Ma lì non ci arrivano né i creativi né “quelli” del marketing. E forse è il bello del libro.