«Io credo nella pratica e nella filosofia di ciò che abbiamo convenuto di chiamare magia» scrive W. B. Yeats nel testo che dà il titolo a questa raccolta di magnifici saggi del poeta irlandese, appena pubblicata da Adelphi.
Non è un segreto, infatti, che il giovane Yeats crebbe nutrendosi dei miti e delle fiabe della tradizione orale contadina irlandese, lasciandosi ispirare dalle stesse fate, banshee, folletti e leprecauni che ritroviamo in alcune delle sue opere. Ai tempi della scuola d’arte, poi, sviluppò una profonda fascinazione per l’esoterismo e la metafisica, intorno alla quale costruì una vera e propria poetica visionaria.
Nei saggi presenti in Magia, volume a cura di Ottavio Fatica, Yeats espone questo complesso di simbolismo, misticismo, folklore e teosofia che sta alla base della sua arte.
Lo fa, naturalmente, con la forza immaginifica e lo stile elevato di cui è capace solo un grande poeta, affrontando tutti i capisaldi del suo personale “mondo magico”: la via del camaleonte, la dottrina delle maschere, la disciplina eroica dello specchio.