Tristan Tzara è una di quelle figure leggendarie che distruggono mondi per aprirne di nuovi, che fondano movimenti – pensiamo a Dada, ma anche, subito dopo, al surrealismo – ed evocano energie lasciando dietro di sé una memoria che sembra prescindere dalle opere. Di Tzara, detta in breve, si sa tanto ma si è sempre letto pochissimo, come se la sua frenetica attività di agitatore poetico, artistico, politico prevalesse sulla concretezza della scrittura. E invece il rumeno parigino fu un ottimo scrittore in proprio. Lo dimostra questa prima edizione italiana della sua raccolta poetica forse più importante, L’uomo approssimativo, finora inedita nella nostra lingua e che finalmente l’editore Massari rende disponibile con il testo francese a fronte. Scrittura automatica al suo meglio, associazioni e giochi di parole che sgorgano dall’inconscio, come nella migliore tradizione surrealista. Ma, sarà che l’inconscio di un grande scrittore ne sa di più dell’inconscio del primo che passa, i versi de L’uomo approssimativo, sono una meravigliosa e sapiente opera poesia.