Rita El Khayat è una pioniera: è stata la prima psichiatra di sesso femminile a esercitare in Maghreb; la prima giornalista, speaker e produttrice di cinema, radio e tv a lavorare per l’emittente Televisiva Marocchina e per il Centro Cinematografico Marocchino; soprattutto, nel 1999, la prima donna del mondo arabo a scrivere direttamente a un sovrano (il giovane re Mohammed VI) per contrastare un movimento islamista e reazionario e chiedere una serie di modifiche alla Moudawana, sorta di “codice di famiglia” in vigore in alcuni paesi arabi.
Etno-psichiatra, psicoanalista e antropologa, è naturalmente considerata tra le più importanti intellettuali del Marocco e del Maghreb. Nota in tutto il mondo per suo impegno civile in difesa dei diritti umani universali, candidata per questo al Premio Nobel per la Pace, per tutta la sua vita si è occupata della condizione femminile nel mondo arabo, sia dal punto di vista teorico, sia come attivista.
Autrice di numerosi saggi e articoli, El Khayat ritorna sull’argomento oggi in Le figlie di Sherazade (Jaca Book), riattualizzazione dei suoi studi sulla condizione esistenziale delle donne nel mondo arabo.
All’analisi storica, psicologica, antropologica e culturale, segue così la riflessione su come assicurare la promozione della condizione femminile nel mondo arabo, in un’opera che non solo osserva il passato, ma che apre una finestra sul futuro.
E quel futuro, scrive senza mezzi termini Rita El Khayat, «ci spinge inesorabilmente verso la trasformazione delle società rimaste consegnate al patriarcato e alle ingiustizie che questo genera, privilegiando l’uomo rispetto alla donna. […] C’è molto da fare per trasformare società arcaiche in nazioni forti e rispettate nel mondo. Il mondo si farà con le donne o non si farà».