Non è (soltanto) una biografia, quella scritta da Mario Bonanno su Francesco De Gregori, ma un’acuta riflessione sulla “forma”. O meglio, sul sovvertimento della forma che contraddistingue l’opera del cantautore.
Bonanno, esperto di canzone d’autore italiana, dopo i suoi saggi su Claudio Lolli, Pierangelo Bertoli, Roberto Vecchioni (tutti, come quest’ultimo, pubblicati da Stampa Alternativa), si dedica allo studio delle canzoni di De Gregori a partire dall’analisi semantica dei suoi versi.
Gli album presi in considerazioni, che meglio rappresentano questo aspetto rivoluzionario, sono i primi quattro: Alice non lo sa, Francesco De Gregori, Rimmel e Bufalo Bill, dal 1973 al 1976.
Rivoluzionario e Sovversivo della forma, come recita il sottotitolo del volume, De Gregori lo è stato fin dall’inizio, da quei primi pezzi racchiusi in Alice non lo sa. «Niente di tutto quello che si vede e si sente in Alice si era mai visto e sentito prima» spiega Bonanno.
De Gregori sembra usare quasi una lingua tutta sua, che ribalta le regole, mescola il vernacolo con termini colti, si muove tra narrativa e poesia, tra musica e parole, con estremo equilibrio e sorprendente omogeneità. Nel saggio, vengono così esaminati i suoi testi più amati, evidenziati topoi e schemi narrativi, per arrivare all’essenza della sua musica e far emergere un ritratto inedito dell’artista.