Questo 2019 riboccante di anniversari chiude con la ricorrenza più triste: il 12 dicembre, cinquant’anni dalla strage di Piazza Fontana. Non era la prima bomba della storia repubblicana, non era neanche la prima bomba di quello stesso 1969. Ma piazza Fontana, per l’entità della strage e per le sue conseguenze, politiche e processuali, segna una svolta, una prima volta e l’inizio di una stagione tragica e oscura per il nostro paese.
Vittime di quella bomba saranno i diciassette innocenti che al momento dello scoppio si trovavano nella sala della Banca dell’Agricoltura. La diciottesima vittima si chiama Pino Pinelli, anarchico del Circolo Ponte della Ghisolfa, ferroviere, padre di due figlie, lettore di Gandhi e dell’Antologia di Spoon River, fermato assieme a Pietro Valpreda e altri anarchici e morto il 16 dicembre per una caduta dal quarto piano della questura mentre era interrogato dagli inquirenti.
La diciannovesima vittima è l’Italia: la bomba di piazza Fontana, la morte di Pinelli, la successiva scoperta che non di bombe anarchiche si trattava ma di un intreccio di neofascismo, servizi segreti deviati, poteri occulti contribuiranno ad avvelenare la vita politica italiana per gli anni a venire, punteggiati da altre bombe, altri depistaggi, altri, troppi, morti.
Ma è della diciottesima vittima che ci racconta un libro di intensa bellezza, documentato come un saggio storico e narrato come il più vivido dei romanzi. Parliamo di Pinelli, una storia, scritto dal giornalista e scrittore Paolo Pasi e pubblicato dalla storica casa editrice anarchica Elèuthera, con le belle illustrazioni di Fabio Santin.
Si dice, e a ragione, che tutti i romanzi narrano di un destino. Il nostro sguardo di lettori, giunti all’ultima pagina si volge indietro e alla luce di quel destino rilegge la vicenda del protagonista. Guai però ad applicare questa logica alla vita vera. Per tanto tempo, per tanti, il destino di Pino Pinelli si è mangiato la vita di Pino Pinelli. Per noi frettolosi lettori di cronache che non ci riguardano è come se la sua vita fosse stata una corsa verso quella fine, verso quella finestra. Per tanti di noi, solidali sì, ma disattenti e superficiali, Pino Pinelli è la sua vicenda giudiziaria, è la sua morte.
Per questo il libro di Paolo Pasi si candida tra le letture fondamentali per capire quella figura e insieme quella stagione. Il “destino” di Pinelli occupa poche pagine finali, mentre tutto il libro racconta la storia di un uomo, le sue origini, la sua famiglia, le sue amicizie, il suo lavoro, la sua città, il suo impegno politico, le sue idee. In tutto questo enorme ribollire di vita e quotidianità, di slanci e incontri, di letture e di musica, di amicizie e curiosità – l’incontro con la Nanda Pivano, i rapporti con i beat di “Barbonia City”, la strepitosa edicolante anarchica di via Orefici, i colleghi di lavoro e i compagni – la fine, quella fine, non è un destino, non è il compimento esemplare di un arco necessario. È, molto semplicemente, una straziante ingiustizia, qualcosa che non doveva succedere a un uomo come Pino Pinelli.