Una storia d’amore, resistenza e rivoluzione. È quella raccontata da Amin Maalouf in Gli scali del Levante, che grazie a La nave di Teseo torna in libreria, pubblicato nella collana tascabile i Delfini.
La rivoluzione è quella personale che rivive nei ricordi dell’ormai vecchio Ossyan, ultimo discendente di una nobile famiglia ottomana liberale, che da Beirut e Haifa arriva in Francia e si unisce alla resistenza contro i nazisti. E qui, il musulmano Ossyan e l’ebrea Clara si innamoreranno perdutamente, mentre una guerra finisce e un’altra – quella in Medio Oriente, destinata a contrapporre per decenni le due culture – inizia.
«Quell’epoca in cui uomini di tutte le origini vivevano gli uni accanto agli altri negli Scali del Levante è solo una reminiscenza remota? O è una prefigurazione dell’avvenire?» si chiede Amin Maalouf nel raccontare «la vita di un altro», nel romanzo cardine della sua produzione letteraria. Ma siamo sicuri che questa storia non gli appartenga, come dice nell’incipit di Gli scali del Levante? O che non appartenga a tutti noi?
Nei racconti di Ossyan sono, infatti, ripercorsi i principali eventi storici che hanno segnato il ‘900, dalla caduta dell’Impero Ottomano e la Seconda Guerra Mondiale, fino alla nascita dello Stato d’Israele e alla guerra civile in Libano. Ma lo sguardo è sempre rivolto al Levante del passato, zona di incontro di persone, culture e religioni, capace di ispirare a Maalouf queste pagine appassionate, dolenti e, in qualche modo, piene di speranza.