Giulio Cederna
Uno dei problemi dei bambini e dei ragazzi delle periferie italiane è rappresentato dalla pigrizia mentale con cui da decenni continuiamo a rappresentare i contesti in cui sono nati e cresciuti. Titolo dopo titolo, immagine dopo immagine, a lungo andare abbiamo contribuito a creare delle etichette indelebili che gli si appiccicano addosso alimentando rabbia e frustrazione. Se la nomea di alcuni quartieri rischia di marchiare a fuoco le aspirazioni e i sogni di tanti giovani, il termine periferia ricorre in maniera così ossessiva da aver perso quasi ogni significato. La nona edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio cerca di comprendere che cosa si nasconde dietro questa parola sfuggente e cosa rappresenta oggi per tanti bambini e ragazzi che la vivono sulla loro pelle, con l’aiuto di una stratificazione di fonti (statistiche, geografiche, urbanistiche, sociologiche, antropologiche, economiche ecc.) e attraverso l’esperienza diretta di quanti nelle periferie ci vivono e ci lavorano da anni. Ma l’Atlante delle periferie non è un esercizio di fenomenologia fine a se stesso. Utilizza questo concetto labile e sfuggente come categoria operativa per scandagliare, in maniera più approfondita, in una prospettiva pragmatica e operativa, alcuni contesti e meccanismi dell’infanzia a rischio per contribuire a ridefinire le priorità delle politiche nella direzione di un’auspicata opera di rigenerazione, anche generazionale, dei nostri territori e delle nostre città. Che cosa sono oggi le periferie? Come sono fatte? E cosa significano per l’infanzia? La nona edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children propone un viaggio nelle disuguaglianze territoriali – geografiche, sociali, educative – che segnano, in tanti modi diversi, il presente dei bambini e il futuro stesso del nostro Paese.