Gianni Belloni, Antonio Vesco
Tra le regioni del Nord Italia, il Veneto è quella meno interessata da inchieste giudiziarie e giornalistiche che abbiano portato alla luce la presenza di gruppi mafiosi strutturati e radicati. Di fronte a scarsi riscontri documentali, nella costruzione sociale del fenomeno mafioso prevalgono le impressioni, in una sorta di cortocircuito emozionale in cui l'evocata presenza delle mafie è chiamata in causa per spiegare le diversificate dinamiche di illegalità che caratterizzano il contesto politico e imprenditoriale di questo territorio. Il volume presenta i risultati di una ricerca sulle vicende criminali che coinvolgono organizzazioni mafiose, impresa e politica, offrendo una descrizione della cronologia e della geografia delle presenze mafiose in Veneto. Attraverso quattro studi di caso, gli autori osservano da una prospettiva ravvicinata i principali episodi in cui sono stati coinvolti gruppi mafiosi in questo territorio: l'incontro tra clan e tessuto imprenditoriale locale; le ricadute di questo incontro sul mondo del lavoro in relazione alle attività di intermediazione di manodopera gestite dai clan; i rapporti tra gruppi di 'ndrangheta e politica nel Veronese; il caso del Consorzio Venezia Nuova e la costruzione del Mose, un caso limite, in cui non sono coinvolte organizzazioni criminali di tipo mafioso, che consente agli autori di mettere alla prova le chiavi di lettura adottate per interpretare il funzionamento dell'economia locale e la sua «sregolazione» politica. L'indagine permette di approfondire la convergenza tra i gruppi criminali e il tessuto imprenditoriale del Veneto, nonché il ruolo di facilitazione degli affari assunto dalla politica al tempo della crisi. La corruzione diviene così il luogo predestinato di incontro tra attori di diverso tipo, l'inevitabile approdo di una serie di condotte proprie del fare politica e del fare impresa in territorio veneto.