Cosimo Argentina, Orso Tosco
In questi due racconti lunghi, Cosimo Argentina e Orso Tosco tentano di dare forma e ubicazione a quell'inferno contemporaneo di cui il ventre dell'Ilva e le macerie del ponte Morandi rappresentano altri due confini.
È notte. Diluvia. Un uomo cerca un operaio che lo possa affiancare nel suo primo turno di lavoro in acciaieria. È appena accaduto un incidente mortale e i dipendenti sono in rivolta. L'uomo comincia a girovagare all'interno di una delle fabbriche siderurgiche più grandi d'Europa smarrendosi come in un sottosuolo tra esplosioni, altiforni, cokerie, laminatoi a caldo e a freddo. A molti chilometri di distanza, un altro uomo è sfrattato dalla sua casa, a seguito del crollo di un ponte. L'aria sa ancora di calcestruzzo. L'uomo ha paura e la sua memoria è come questa città fantasma che attraversa, un quartiere deserto e senza ricovero, senza neppure la scommessa di un porto, in attesa che la vita riprenda e torni l'alba. In questi due racconti lunghi, Cosimo Argentina e Orso Tosco tentano di dare forma e ubicazione a quell'inferno contemporaneo di cui il ventre dell'Ilva e le macerie del ponte Morandi rappresentano altri due confini. Uno a Taranto e l'altro a Genova: due città sul mare, ognuna a un capo diverso della penisola. Il loro è un reportage visionario e insieme drammaticamente realista. Ci ricorda, come ha scritto Italo Calvino, che ci sono soltanto due modi per non soffrire dell'inferno dei viventi, quello che abitiamo tutti i giorni: accettarlo e «diventarne parte fino al punto di non vederlo più» oppure «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».