Elogio del gioco d'azzardo

Il dibattito intorno al gioco d’azzardo, in Italia, è quanto mai attuale: è davvero pericoloso e potenzialmente distruttivo, così come sentenziano molti osservatori, in buona fede o no? Cesare Lanza, da giocatore convinto e dichiarato, entra con competenza e spirito di provocazione in questo dibattito, mettendo a confronto pregiudizi, moralismi, ipocrisie e presupposti di logica elementare. Per dimostrarci che, al di là dei luoghi comuni, non sempre tra i tavoli da gioco si nascondono aspetti negativi... Il problema universale dell’uomo, a partire da Adamo, dice Cesare Lanza, è quello di riuscire a raggiungere un equilibrio con se stesso e, di conseguenza, verso il mondo. Miliardi di esseri umani ne sono più o meno consapevoli; altri miliardi ne sono inconsapevoli e mandano avanti la loro vita, tra confusione e tormento, tra piacere e dolore, senza sapere che cosa sia alla radice del loro desiderio di esistere, di trovare una stabile serenità. E il gioco è metafora della vita: si soffre e si è sereni o felici, ci si agita o ci si difende dalle emozioni continue, si lotta o ci si rassegna a ciò che accade, dominabile o no dalla nostra volontà. Quindi il gioco, sostiene Lanza, non solo non è amorale o distruttivo, ma è addirittura educativo perché insegna a saper vincere e a saper perdere e a comportarsi in maniera intelligente e dignitosa di fronte ai rischi dell’azzardo, cioè della vita. È partendo da questo presupposto che Cesare Lanza fa il suo Elogio del gioco d’azzardo dando però voce anche a chi non la pensa come lui. E lo fa mettendo sul piatto le argomentazioni più diverse: il gioco, come attività di intrattenimento, esiste da sempre in tutte le culture; l’ambiguità dello Stato che da un lato mette sotto accusa il gioco e dall’altro fa da biscazziere e incassa, ben felice, i soldi che ne derivano attraverso le tasse…