Sylvie Germain
«È così raro trovare il tempo per contemplare la vita delle cose. Perché le cose e la materia, tutta, hanno una vita propria per quanto lenta e discreta. Olbram aveva suggerito di incollare dei girini al soffitto, nella speranza di vederli diventare rane».
A Praga il professor Prokop Poupa, cacciato dal regime a lavar scale e spazzare marciapiedi, non sembra dolersi della propria sorte. Ha altro a cui pensare. Come lui, un pugno di intellettuali dissidenti: accolita di diseredati che, sradicati la mente e il cuore, sopravvive in malinconiche caverne di pensiero, addolcite da quella fantasia onesta di chi non ha più nulla da perdere. Falso. Il figlio decenne di Prokop non sta forse partendo per l'Inghilterra, lasciandogli la luna?Si grida libertà libertà per le strade, un commediografo sale la via del Castello. Professor Poupa, rivuole la sua cattedra? No grazie, scriverò per una rivista letteraria. Mediterò, come facevo, scusate, nel gabinetto eletto ad altare dei Lari, osservando talvolta il loto di umidità fiorito sul soffitto, tal'altra il mio pancione di bevitore di birra. Mi verrà a trovare un dimenticato vicino di casa, quell'omaccione silenzioso che portava a spasso il vecchio cane paralitico sollevandone i quarti posteriori con un sciarpa rossa...Syvie Germain giunge in questo romanzo alla sua più matura prova, raccontando senza ombra di intimismo eroiche intimità di uomini e donne: sarà lei lo straordinario personaggio della favola che Prokop raccontava al figlio, quella dell'uomo che portava con sé, in una cappelliera, le voci della memoria e in un grande, pesantissimo baule nero una città intera?