Mimmo Borrelli
“’La cupa’ è lo strascico nevicato in polvere di tufo, la deriva della nostra società, dove la manipolazione dell’odio di massa conduce al potere. Il protagonista Giosafatte ’Nzamamorte ha celato e nascosto, sotterrato per anni, un orrore e sulle falde acquose di quell’orrore ha creato un mondo osceno e irraccontabile. Quest’opera narra la deriva di un pianeta in un tempo senza creazione, senza creatività; prima si giocava con le pietre e con quelle ci si immaginava a essere guerrieri, soldati o principi e mostri, ora quei mostri sono già creati e con un gesto su un touch-screen si ha la sensazione di portarli alla vittoria. In questo pensiero ho condotto una riflessione più grande: l’impossibilità di essere padre senza mal ferire e senza peccato. In un mondo che definivo qualche anno fa alla deriva e ora in balia dell’arenile di una baia che non ha porto, non ha civiltà, non ha bussola, versante, senso, rotta e non ha neanche un ponte al quale attraccare, né posto sicuro dove emigrare. Anche se fosse l’inutile pontile della mia Torregaveta. Creare vita, essere pronti a essere i padri, è ancora auspicabile? La famiglia è il termometro dell’esistenza, è la spia che da sempre, nella sua virulente forma, ha lasciato scoperte le facciate agli scoppi delle sue crepe. Dalla terra sono stati creati uomini e case. Dalla pietra, dalle insidie della terra, ci difendiamo con la pietra, nella pietra ci tumuliamo. La rivolta è il crollo. Mettere sottosopra, commettere stragi o resistere ai cambiamenti per mutare quei cambiamenti stessi. Un rituale di trasformazione e metamorfosi. Una favola di anime, uomini e bestie che si chiude con una frana che smuove tutte le malefatte dissotterrate e nascoste.”