Roberto Pagnanini
I motori rombano come se facessero festa. Come applausi, urla d'entusiasmo che imbottiscono l'aria, le orecchie, le tempie e i cuori. La festa arriva anche lassù, dove immortali si trovano le leggende dello sport. Ci sono Gilles Villeneuve, Ayrton Senna e ora c'è anche lui, Marco Simoncelli, con quel sorriso contagioso e quell'aria semplice da bravo ragazzo. Ha vissuto di corsa, da bimbo sulle minimoto fino ad arrivare al massimo, a cavallo di quelle fascinose belve d'acciaio che sono capaci di scaricare sull'asfalto potenze incredibili. Quando correva con gli esseri umani, con gli eroici campioni capaci di incantare le folle con le loro gesta, Marco è arrivato ai vertici. Poi, con una sgasata in più, è volato là dove neanche i più grandi campioni, di solito, sono capaci di arrivare: fra le leggende. La tragedia di Sepang ormai è cronaca, è passata. Marco, invece, cavalca nei cieli sulla sua moto, mentre il suo numero 58 sventola come una bandiera. Nessuno saprà mai dove sarebbe potuto arrivare se quel giorno a Sepang le cose fossero andate diversamente. Certo Simoncelli era destinato a diventare uno dei più grandi di sempre. Forse già il MotoGp 2012 avrebbe potuto celebrare i suoi trionfi. Ma questo è un altro discorso. Marco aveva un talento anche più grande di quello motociclistico: era persona speciale, specialissima. Un ragazzo degno di diventare un esempio per la sua generazione. Le leggende non muoiono, aiutano, fanno pensare, possono renderci tutti migliori...