Fabio Bettanin
Nei paesi occidentali, la guerra in Ucraina ha riproposto l’immagine, tracciata da Kennan nel Long Telegram, di una Russia che ubbidisce a un primordiale istinto di aggressione e controllo dei vicini. In Russia, i media governativi hanno colto l’occasione per rinnovare la denuncia della doppia morale della Nato e dell’Unione Europea, che nasconde – sotto la retorica della promozione della democrazia e dei diritti umani – piani per ridurre all’impotenza chiunque tenti di difendere la propria “sovranità”. Al momento, queste narrative allo specchio hanno avuto con le rispettive opinioni pubbliche un successo che preoccupa, perché propongono la visione di un “altro” immutabile nella sua minacciosità, che preclude la ricerca di una pace che non sia solo una tregua armata. Non vi sono dubbi su chi è l’aggressore – la Russia – e l’aggredito – l’Ucraina –, ma non bisogna dimenticare che decisione di Putin di lanciare la sua “operazione speciale” ha fatto emergere problemi da tempo irrisolti. La Russia non è riuscita riorganizzare lo spazio ex sovietico, teatro di conflitti “congelati” che a volte divengono caldi; i paesi della Ue si sono a lungo disinteressati del problema. Russia e Ucraina sono accomunati dalla condizione di “perdenti” della globalizzazione, e in un crescendo di recriminazioni hanno riversato sull’altro le colpe di questa condizione. L’espansione della NATO è divenuta un problema per il Cremlino solo a partire dal 2008, ma da allora è stata considerata, assieme alle sanzioni, una forma di “guerra ibrida”. È stata la guerra di un uomo ad aver posto fine all’illusione che i conflitti in Europa potessero essere solo temporanei e periferici, ma è l’assenza di un sistema di sicurezza europeo aver consentito che questo accadesse. Il groviglio di questi problemi è cresciuto sotto gli occhi sino all’ultimo disattenti delle élite e delle opinioni pubbliche dei paesi della Ue, le uniche a disporre dei mezzi a risolvere un conflitto che era e resterà essenzialmente europeo e ad avere l’interesse a risolvere il dilemma mai seriamente affrontato nei tre decenni post sovietici: la sicurezza del nostro continente (militare, ma anche economica e umana) potrà essere assicurata dal containment della Russia, o dalla sua integrazione in nuove istituzioni europee? Dopo la Seconda guerra mondiale l’Europa ha saputo cogliere le lezioni della Storia e ha ritrovato unità di intenti. Oggi c’è solo da sperare che quella Storia non passi.