Lauro Zanchi
È una mattina di febbraio di un anno bisesto. Nella bassa lombarda spira un vento insolitamente umido. Nicola, affermato ingegnere milanese, sale sul treno delle cinque e dieci: è atteso a Roma al ministero dell'Ambiente. Filippo, volontario nei vigili del fuoco, presta servizio in una nottata che pare tranquilla, finché la sirena del comando, ululante, lo costringe a saltar giù dalla branda. Anche Antonia, medico esperto con la passione per la scrittura, è scossa da un'emergenza durante il suo turno ospedaliero: l'alta velocità ha deragliato, sono a decine i feriti da soccorrere. E mentre Ilaria ordina la solita colazione al bar Byblos di Crema, prima di raggiungere la sua farmacia in centro, Cico sente in tv una notizia allarmante: scoperto il primo caso di coronavirus in Italia, è un uomo, ora ricoverato in condizioni gravi. Nel corso della narrazione il coro si amplia, le sue voci s'intrecciano: c'è Beatrice, intrepida anestesista che per prima sperimenta i farmaci antivirali, sfidando il mainstream scientifico; o Alberto, uomo d'affari incapace di sopportare le restrizioni e, soprattutto, le difficoltà. E infine il cerchio si chiude: perché il covid, ormai lo sappiamo, è parte della memoria collettiva. Un romanzo rapido e toccante, in cui ciascuno troverà tracce di sé.