Andrea Canobbio
Mosso dal desiderio di liberarsi dei ricordi che non smettono di tormentarlo, il narratore di questo libro decide di compiere un viaggio nella sua città, trasformata per l'occasione in un grande teatro della memoria. E come in ogni avventura che si rispetti, si dota delle armi magiche necessarie all'impresa: una mappa quadrata di ottantuno caselle, una raccolta di lettere d'amore e alcune vecchie agende fitte di appunti. La città è Torino, la storia è quella di una coppia italiana del dopoguerra, del loro innamorarsi, sposarsi e vivere prima felici e contenti, e poi infelici e scontenti. S'incontrano nel 1943: lui, ufficiale del Genio e futuro ingegnere, è appena tornato dalla Russia; lei ama la musica e la poesia. Si sposano nel 1946, mettono su famiglia. Gli anni della ricostruzione diventano presto gli anni del miracolo economico, che diventano presto gli anni della contestazione e della crisi. L'ingegnere, soccombendo alla melanconia, scava un tunnel personale dove rimane intrappolato, intrappolando anche la moglie e i figli. Disseminati i frammenti del tempo nello spazio della città, il narratore indaga i motivi misteriosi della depressione del padre. Alla fine, però, nessuna ragione gli sembra sufficiente a spiegare trent'anni di tristezza irrimediabile. Capisce che sono proprio i ricordi più dolorosi quelli che gli permettono di non interrompere il dialogo con i genitori - che, dopotutto, non vuole far scomparire dalla propria vita. In questa Traversata, il lettore sceglierà se indugiare nei luoghi del romanzo familiare o avventurarsi su sentieri più imprevedibili e nascosti. Qui incontrerà case stregate, martiri e reliquie, monumenti equestri, bilance svizzere, papiri egizi, antropologi e architetti; e poi cavalli bianchi, volpi pallide, pesci siluro e molti altri animali. Ma giunto alle ultime pagine riconoscerà le voci che risuonano nitide tra le righe: quelle di chi se ne è andato e offre un'ultima occasione di incontro a chi è rimasto.
Proposto da Elisabetta Rasy al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione: «Parte come un memoir La traversata notturna di Andrea Canobbio, ma diventa subito un potente romanzo famigliare dei nostri giorni, toccando con originalità e intensità il sentimento delle radici che ognuno di noi a suo modo coltiva. Tanto più convincente la storia che Canobbio ci racconta perché lo scrittore evita i modi della saga o delle reminiscenze sentimentali per inoltrarsi in una sorta di ricerca del tempo perduto che, come in un’antica epopea, si dilata in spazi ed epoche distanti, in un sapiente andirivieni tra passato e presente. Il presente sono le peregrinazioni nella sua città, Torino, che è allo stesso tempo santuario dei ricordi, palcoscenico di una danza di spettri, e geografia esotica da decifrare come una terra straniera. Il narratore, chiedendo aiuto agli antropologi del passato, si fa etnologo della propria tribù famigliare mentre si muove sulle per lui misteriose tracce della vita del padre, come una sorta di nuovo Telemaco che in cerca di Ulisse si aggira per contrade lontane, qui rappresentate da fragili reliquie: lettere del perduto amore dei genitori, agende di una fitta e difficile quotidianità, reperti medici della depressione paterna che renderà agli occhi del figlio il capofamiglia una figura irraggiungibile e dolorosa. Forse quasi tutte le famiglie felici si somigliano, certo ogni famiglia infelice lo è a suo modo, un modo che per essere narrativamente convincente deve saperne restituire l’originalità. È la sfida che Canobbio vince, anche in virtù di una prosa perfetta e di una lingua fresca, limpida e insieme colta, il cui tono famigliare non diventa mai banalmente confidenziale mentre mette in scena questa toccante storia italiana e racconta, come in un’intima epopea, ciò che ci lega e ciò che ci allontana dalla nostra origine.»