Ermanno Corsi, Piero Antonio Toma
Archiviate vecchie culture antifemministe, le donne sono al centro della Società moderna. La loro presenza ha contribuito in modo decisivo a sostituire, nel campo del lavoro e della produttività, la forza muscolare con l'intelligenza e la creatività. Nell'Italia diventata Repubblica con il Referendum del 1946, tanti "soffitti di cristallo" sono stati infranti, a cominciare dalla politica e dalle istituzioni parlamentari. Dalle appena 21 donne (su 556 eletti) nell'Assemblea Costituente, si è arrivati alle 340 nel Parlamento di oggi: dal 5 per cento al 35,1. Ai vertici rappresentativi più alti sono via via pervenute Nilde lotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini alla Camera dei Deputati; Maria Elisabetta Alberti Casellati al Senato; Marta Cartabia alla Corte Costituzionale. Restano, come terreni di nuova conquista, la Presidenza della Repubblica e la Banca d'Italia. Senza bisogno delle "quote rosa", porte sempre più aperte alle donne in politica, economia, cultura, magistratura e diplomazia. Il notevole aumento delle donne nelle istituzioni italiane si riverbera anche in altre parti del mondo. Al primo posto della leadership femminile in Europa fino ai primi mesi del 2022 ci sono molti Paesi del nord, del sud e dell'est. In particolare il guinness spetta all'Islanda, il Paese più femminista con la prima presidente eletta della Repubblica del mondo e con due premier una dietro l'altra. Seguono l'Estonia, la Nuova Zelanda e la Tunisia. Gli Stati Uniti invece hanno confermato un no alle donne lungo 240 anni (e in particolare a Hillary Clinton). Ma nel 2021 Joe Biden ne ha nominate due di colore, Kamala Harris alla vicepresidenza e Ketanji Brown alla Corte Suprema.