Carlo Cattaneo
«La coscienza nazionale è come l'io degli ideologi, che si accorge di sé nell'urto del non io. Ella si svolse prima in coloro che avevano più bisogno di libertà negli studi, nei commerci, nei viaggi. Poi si destò mano mano, anche nei magistrati, ch'erano pure accuratamente spiati e trascelti a essere arnesi di obbedienza; nei sacerdoti, benché domati dall'episcopale superbia a tradurre anche l'evangelio in dottrina di servitù; nei contadini, benché tenuti dagli avari e gelosi padroni quanto più vicino si potesse alla natura di bestiami; per ultimo nei cortigiani medesimi, a cui le dovizie e la nobiltà non sembravano presidio alla dignità del vivere, ma diritto ad andare innanzi a tutti nella viltà. Questa mutazione degli animi era lenta, ma continua, universale, irreparabile a qualsiasi scaltrimento di polizia. Che anzi, dopo qualche tempo, cominciò ad accelerarsi, come certe velocità, in ragioni geometriche, mentre le forze morali del governo declinavano visibilmente, come la velocità dei proiettili da guerra. Intanto nel governo austriaco l'odio contro la nazionalità italiana si faceva più aspro e cavilloso. Gli spiaceva perfino il nome d'Italia; lo voleva dissimulato nei libri, cancellato nelle carte. E al contrario lo scolpiva viepiù nelle menti; lo chiamava sulle labbra; se lo vedeva scritto da mani notturne sulle muraglie delle città. Una indomita riluttanza serrava sempre più il fascio dei popoli italiani; era come la polve di platino che s'incorpora sotto il martello».
(Carlo Cattaneo).
Carlo CATTANEO (1801-1869) presiede un'area assai particolare della cultura e della storia italiana. Il molto citato e poco studiato protagonista del Risorgimento «perdente», federalista e democratico, apparteneva a una rara specie di intellettuale e scienziato sociale. Allievo e interprete di Gian Domenico Romagnosi, avvocato che mai esercitò, politico coerente e audace, trascinato ad una non amata politica più dal rigore morale che dalla eccezionalità degli eventi, creatore della rivista più moderna ed europea che l'Ottocento italiano abbia potuto vantare, quel «Repertorio mensile di studi applicati alla cultura e alla prosperità sociale» cui altri darà il nome di Politecnico, fu un grande studioso e al tempo stesso un acuto e partecipe testimone dell'economia e della società ottocentesche. Cattaneo attraversa il suo tempo con un'idea semplice e magnetica: il motto «scienza è forza», che riecheggia il Knowledge is power di Francis Bacon, costituisce il punto vero di raccordo di interessi e ricognizioni che spaziano in campi così diversi. Quello stesso motto attraversa anche la raccolta di testi scelta da Gaetano Salvemini e pubblicata nel 1922 presso l'editore Treves di Milano, in una prestigiosa e fortunata collana diretta da Ugo Ojetti, con un'introduzione che è a sua volta un piccolo classico della riflessione civile della nostra Italia.Un «fardello di stracci» - come il grande lombardo definiva la propria produzione con sincero e affatto ingiusto rammarico - in cui ritroviamo le strade ferrate e le monete, le città e le nazioni armate, la letteratura «non ciarliera» e la vita civile, le mentalità e le istituzioni, la scuola e la milizia, i «frammenti di storia universale» e l'avvento del quarto stato, insieme a temi di forte e discussa attualità, come i federalismi e i nazionalismi, l'accentramento e le autonomie locali: «stracci» imbevuti di rigore e umiltà intellettuale, intessuti di fervore politico e lungimiranti visioni sovranazionali, sorretti da limpide geometrie delle idee e degli intenti.