Giuseppe Sgarbi
Da questo libro, l'omonimo film di Pupi Avati, con Renato Pozzetto, Stefania Sandrelli, Chiara Caselli, Fabrizio Gifuni, Serena Grandi.
Mi sono voltato, ho chiuso gli occhi e alzato la testa in direzione delle tue finestre. «Se c'è», ho pensato prima di riaprirli, come in uno di quei giochi che fanno i bambini, «sarà per sempre.» C'eri.
«Giuseppe Sgarbi è uno scrittore e un uomo autorevole, che non dà confidenza ma non gioca con alcun segreto. Nomina le cose, fa vivere le persone e i fatti, con tacito amore e tranquillo riserbo. Una personalità – e una penna – ricca di tenerezza e istintivamente incline a incutere soggezione. Il suo sguardo ha la spregiudicatezza di chi è libero da idoli, convenzioni, retoriche e non ha paura di guardare in faccia la morte, la guerra, il disincanto di tutte le cose. Ma il suo sguardo è soprattutto quello del rispetto, che Kant considera la premessa di ogni virtù e che sembra sempre più raro». Così Claudio Magris a proposito della scrittura di Giuseppe "Nino" Sgarbi, nell'introduzione di Non chiedere cosa sarà il futuro, secondo volume della sorprendente tetralogia con la quale – a più di novant'anni – il farmacista di Ro Ferrarese, padre di Elisabetta e Vittorio, si è imposto all'attenzione di pubblico e critica come una delle voci più profonde della narrativa contemporanea. In questo volume sono raccolti i quattro romanzi, scritti da Sgarbi in cinque anni – Lungo l'argine del tempo (2014, Premio Bancarella Opera Prima e Premio Internazionale Martoglio), Non chiedere cosa sarà il futuro (2015), Lei mi parla ancora (2016, Premio Riviera delle Palme) e Il canale dei cuori (2018) – insieme ad alcune pagine inedite ritrovate, nelle quali rivive la «prosa classica e affascinante, piana e percorsa da echi e risonanze, come ogni classicità» di «uno scrittore, ossia qualcuno che ci fa sentire le cose, ci riporta in mano la loro irripetibile unicità e la familiarità o estraneità col nostro essere; che ce le fa scoprire in una luce nuova.»