Giuseppe Olmi
Il testo di Giuseppe Olmi illustra il grande sforzo compiuto dagli scienziati, nella prima età moderna, per conoscere e classificare la realtà naturale: una realtà che le esplorazioni geografiche andavano via via ampliando a dismisura e che pertanto manifestava di continuo aspetti del tutto nuovi, spesso bizzarri e meravigliosi. Letteralmente sommersi dalla quantità di dati proveniente dalle terre lontane, oggettivamente limitati dall’ostacolo rappresentato dalle grandi distanze e, nello stesso tempo, abituati a ‘vedere’ la natura sulla scorta delle descrizioni (ovviamente parziali e spesso di difficile comprensione) fornite dagli autori antichi, gli studiosi non furono immediatamente in grado di impostare un lavoro di analisi esclusivamente e metodicamente basato sull’esperienza diretta. Essi, perciò, «unirono» le loro forze (sino a giungere poi ad istituzionalizzare tali legami nelle accademie) per tentare di «unificare», e quindi catalogare, la realtà. Si impegnarono a fondo per creare nei loro studi dei dettagliati archivi della natura nei quali facevano incessantemente confluire reperti, notizie, documenti figurativi. Di fronte alla vastità del campo di indagine e prima ancora di avviare l’opera di discriminazione tra il vero e il falso, il probabile e l’improbabile, i naturalisti sentirono l’esigenza di rendere completi tali archivi, raccogliendo, dal passato come dal presente, ogni tipo di informazione su animali, piante e minerali. Attraverso uno spoglio sistematico della letteratura antica e moderna, allestendo musei, coltivando essenze vegetali negli orti botanici o raccogliendole negli erbari secchi, avvalendosi dell’aiuto di artisti, talvolta altamente specializzati nel genere dell’illustrazione scientifica, instaurando fitti rapporti epistolari e forme di collaborazione, gli studiosi riuscirono ad avvicinare, a ricreare attorno a loro, la natura delle terre lontane e a decifrarne progressivamente, pur con difficoltà e incertezze, gli infiniti misteri.