Benjamín Labatut
Quando alla fine della Seconda guerra mondiale John von Neumann concepisce il MANIAC – un calcolatore universale basato sulla « macchina di Turing » –, sono pochi a rendersi conto che il mondo sta per cambiare per sempre. Perché quel congegno rivoluzionario – parto di una mente ordinatrice a un tempo cinica e visionaria, « inesorabilmente logica », votata alla ricerca delle verità assolute su cui si fonda la realtà – non solo schiude dinanzi al genere umano le sterminate praterie dell’informatica e dell’intelligenza arti$ciale, ma lo pone anche sul baratro dell’estinzione, scatenando i demoni infernali della guerra termonucleare. Sogni grandiosi e insieme incubi tremendi, quelli scaturiti dal genio di von Neumann, dentro i quali Benjamín Labatut ci accompagna, lasciando la parola a un coro di voci: ci troveremo così al cospetto delle più brillanti menti europee durante il terremoto innescato dalla meccanica quantistica e dalla crisi dei fondamenti della matematica; poi a Los Alamos, fra i « marziani » ungheresi che costruirono la prima bomba atomica; e ancora a Princeton, nelle stanze dell’Institute for Advanced Study, dove vennero gettati i semi delle poderose tecnologie digitali che oggi plasmano la nostra vita. Percorreremo dunque molteplici e fascinosi sentieri, che tuttavia conducono alla stessa meta: un futuro fosco in cui la razionalità umana, nel tentativo di comprendere il mondo al suo livello più profondo e governarne lo sviluppo, sembra destinata a oltrepassare i propri limiti, e deragliare verso la follia.