Gregorio E. Rubino
La collaborazione fra Michelangelo e la Compagnia di Gesù ci è nota solo da alcuni frammenti di lettere di Sant'Ignazio e relativi ad un primo progetto per la chiesa del Gesù di Roma (1554) - mai realizzato, né mai esplicitato nei contenuti dalla storiografia gesuita - cui segue la condanna di eresia per i criteri di rappresentazione del Giudizio della Sistina, comparsa su "La Civiltà Cattolica" nel 1992. Episodio contraddittorio sembra invece a Napoli la trasformazione del quattrocentesco palazzo Sanseverino di Salerno nella basilica del "Gesù Nuovo", di evidente stampo michelangiolesco, ma sempre accreditata dalla Compagnia come opera di maniera del 1584 di un architetto interno all'Ordine, semplice imitatore di Michelangelo, mentre un documento dell'archivio Sanseverino, confermato oggi da numerosi altri indizi a corredo, testimonierebbe il passaggio della proprietà del palazzo nelle mani dei gesuiti già nel 1551. Il volume affronta entrambi gli argomenti, ma in particolare il tema sulla reale paternità architettonica dell'episodio napoletano, con un ricco apparato bibliografico ed iconografico. Alla presenza di un mito latente, una significativa analogia legherà alla fine l'opera realizzata per il Gesù di Roma dal Vignola-Della Porta, con il "Gesù Nuovo" di Napoli del Valeriano-Dosio e con una pregnanza identitaria tale, da poter ipotizzare entrambe fra le molte opere perdute di Michelangelo.