Paolo Renati
Il presente saggio costituisce una riflessione critica parzialmente inscrivibile nell'ormai vasta ed inesaurita tematica riguardante le implicazioni che la prassi tecnica ha sulla natura e sull'essere umano in termini biologici, antropologici, sociali ed estetici. L'espressione tecnologica mostra oggi le sue forme più "acute" nella 'biologia sintetica', nell'editing genetico e nella tensione spasmodica verso la creazione di macchine bioniche, androidi, cyborg e nell'ibridazione ingegnerizzata di umani con genomi di altre specie: in ultimo, nelle posizioni ideologiche post e trans-umaniste. Tale tensione - troppo spesso spacciata per progresso scientifico o "naturale evoluzione dell' ànthropos" - viene in questo saggio posta in luce critica a partire da aspetti essenziali, cioè fisici e biologici, in merito a ciò che la Natura è e di come essa si basi su relazioni che vengono puntualmente trascurate tanto nei fondamenti teoretici ed ideologici quanto nelle prassi di queste odierne hybris tecniche. La motivazione di tale incuria giace in verità nella attuale forma mentis del pensare scientifico e della sua sottoposizione alla spendibilità del calcolo e dell'applicazione, entrambe categorie ben asservibili alle forme della merce e del capitale, attori implacabili del collasso della cultura a 'bene culturale', della formazione ad 'apprendimento', della soggettività ad 'individualità' e, irrimediabilmente, della scienza a techne.