Luis Marin
Il volume presenta i saggi più importanti di Marin su artisti come Signorelli, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Filippo Lippi... «Il segno è sia oggetto che rappresentazione; considerato come oggetto, il segno focalizza su di sé la “visione dello spirito”: non rappresenta nulla, ma presenta sé stesso. In quanto rappresentazione, si sottrae alla riflessione e sposta la “visione dello spirito” da sé stesso all’oggetto che intende significare. Il segno è quindi come il vetro trasparente che rivela qualcosa di diverso da sé: quando diventa opaco, cessa di sottrarsi alla sua trasparenza per offrirsi alla vista e catturarla» (Louis Marin). La raccolta di saggi di Marin sulla pittura del Quattrocento ruota quindi attorno al concetto di opacità, che non va inteso come “mancanza di chiarezza” della pittura, ma al contrario come momento nel quale il segno del pennello cessa di essere semplice espressione grafica e diviene strumento che rivela il più profondo significato di ciò che rappresenta. Di qui l’analisi di Marin si sposta sulla materialità e sulla fisicità dell’opera pittorica, sul “come funziona”, piuttosto che sul “che cosa significa”, analizzando i modi con cui l’immagine riesce a imporsi come vera dal punto di vista della percezione, ma anche e soprattutto dal punto di vista della legittimità politica e religiosa.