Daniele Giancane
La tragedia di un popolo scacciato dalla sua terra, umiliato e disperso nelle nazioni circostanti, privato del diritto di esistere, rivive nella sua autentica cultura, nelle sue tradizioni, nei testi dei suoi poeti più rappresentativi: da Din Mehmeti ad Ali Podrimja, da Rodaslav Zlatanovic a Shefqet Dibrani, sembra ritornare ossessiva la metafora del fuoco e del silenzio. Da una parte il Kossovo come terra di fuoco e sciabole, dall’altra come luogo del silenzio di identità negata. Le poesie dei poeti del Kossovo sono allora una sorta di vangelo e di memoria, ma appaiono anche di una illuminazione profetica straordinaria. Sembrano scritte un attimo prima dell’esodo, un istante prima della scintilla che ha provocato l’incendio dei Balcani.