Carlo D'Amicis
Prendete una distesa di boschi incontaminati che sembra il paradiso terrestre. Tracciate una linea sottile che la divida dal nostro mondo. Popolatela infine con una strana stirpe di cacciatori che si veste con le pelli delle prede e utilizza disinvolta i loro nomi: Alce, Agnello, Toro, Ghepardo, Leone, e poi Cagna, Farfalla, Zebra... Esseri umani bestiali o bestie umane? Di sicuro gli abitanti del Cerchio pretendono di vivere immersi nella natura: anzi, di essere essi stessi la natura. Ma che succede se, da un giorno all'altro, tutti gli animali del bosco scompaiono? Se i cacciatori si scoprono improvvisamente affamati, impotenti, malati? Se una scheggia impazzita di civiltà cade tra gli alberi della foresta e li porta a scoprire la religione, il linguaggio, la proprietà privata? Spinti tra le braccia di sentimenti più pericolosi dei loro fucili, come l'amore, la compassione e la paura, ecco che i cacciatori si trasformano in prede. Tra preistoria e fine della modernità, "Quando eravamo prede" sembra riassumere in una sola vicenda l'intera avventura umana e il nostro rapporto con la natura, come se "La fattoria degli animali" rivivesse ne "La strada di Cormac McCarthy".