Adeline Dieudonné
Una mattina di aprile, in uno chalet in mezzo alle montagne, un uomo si sveglia, abbraccia la sua amante, si infila il costume e va a fare la solita nuotata. Quanto tempo passa? La donna si alza, prepara la colazione, caffè, formaggio, pane, poi lancia uno sguardo verso lo specchio d’acqua lì davanti e vede una sinistra macchia bianca. Corre fuori, si tuffa, è una pessima nuotatrice, raggiunge il corpo a fatica, lo trascina a riva, ma la sua pelle è di ghiaccio. Un istante prima M. era vivo, adesso è morto. Come realizzare, come fare propria questa terribile verità, se non stordendosi con una, due, innumerevoli bottiglie di vino? Lei deve sapere. Non può rimanere all’oscuro del fatto che suo marito non c’è più. Le spedirà una lettera e le spiegherà tutto. Non per vendetta, né per recriminare o scusarsi. Ma come atto di giustizia verso l’amore luminoso che ha vissuto con lui, lei che non ha tolto nulla a nessun perché M. l’ha amata, sua moglie, e l’amava ancora, e mai l’avrebbe lasciata, né avrebbe lasciato suo figlio per quella donna che ora giace, all’insaputa di tutti, nel letto con un cadavere di cui avere cura. L’ultimo gesto, dovuto, a chi le ha regalato la vita che voleva.