Charles Augustin de Sainte-Beuve
«Bisogna sempre appartenere al tempo in cui si vive; Leopardi vi appartenne per il contrasto stesso, per l'energico punto d'appoggio da cui moveva, protendendosi oltre e respingendolo con il piede».
Saggio, racconto di formazione, biografia intellettuale, quaderno di traduzioni. Il ritratto che Sainte-Beuve dedicò a Leopardi nel 1844 sulla «Revue des deux mondes» e che riprese poi nei suoi Portraits contemporains, consacrandone la fama internazionale, piega il discorso critico verso l'affabulazione, il giudizio verso la ricerca di una prossimità con il poeta. Un'intenzione pedagogica sembra trascorrere nelle pagine di Sainte-Beuve: mostrare ai lettori francesi - in un'epoca che ha già dissipato le accensioni romantiche - l'esempio di un poeta che nel cuore della modernità ha sperimentato le virtù, le passioni e la sapienza stessa degli antichi. Leopardi, «l'ultimo degli antichi»: custode della classicità nel cuore delle ragioni romantiche. Questa compresenza, più che una scelta di poetica, rispecchia una condizione interiore, uno stile di pensiero che Sainte-Beuve è il primo a scorgere in Leopardi, cercando di indagarne la natura. Nel ripercorrerne la biografia, la formazione, gli studi e le opere il critico francese ci restituisce un ritratto a più livelli del poeta: quasi un'indagine che procede per indizi, con costanti digressioni, allusioni, fulminanti giudizi. Pagine che restituiscono al lettore quel Leopardi di Sainte-Beuve, personalissimo e profondo, che resta tutt'oggi ineguagliato.