Flannery O'Connor
«A parer mio quasi tutti sanno cos'è una storia, fino a che non si siedono a scriverne una». Così afferma Flannery O'Connor in uno dei suoi saggi. E considerazioni analoghe, sulla scrittura, sui suoi dilemmi e sul mistero della creatività, si possono trovare in molte delle lettere nelle quali discute della sua opera e chiede consigli ad amici del calibro di Robert Lowell o Elizabeth Bishop. «Un ragionevole uso dell'irragionevole» (che raccoglie in un solo volume «Nel territorio del diavolo» e «Sola a presidiare la fortezza») si rivolge tanto a scrittori che non hanno mai provato a raccontare una storia quanto a quelli che lo fanno abitualmente, per cercare di scoprire qual è la natura e qual è lo scopo di questo mestiere. E se nei saggi l'autrice, pur rifiutando ogni degenerazione moralista, mette apertamente in campo la sua profonda religiosità cattolica e ci offre esempi cristallini di teoria letteraria in cui i concetti di grazia e di mistero acquistano forza e fascino, nelle lettere ci guida in un mondo popolato da autori, lettori, critici e agenti, intrecciando alle riflessioni letterarie un florilegio di osservazioni amare, ma sempre ironiche, su ogni aspetto del reale, compresi fatti di cronaca dell'epoca. Il tutto impreziosito dai commenti caustici e divertiti di un'autrice di cui, a distanza di anni, continuiamo ad ammirare la lucidità rara e l'innato talento.