Omar Di Monopoli
Sullo sfondo di una natura riarsa, in una terra che sembra posta agli estremi confini del mondo, si consuma una serie di drammi strettamente intrecciati fra loro. E a raccontare questa umanità sconfitta e allucinata, c'è la lingua di Omar Di Monopoli.
«S'inoltrò sulla sabbia abbandonando gli stivali a terra. Il fragore delle onde coprì ogni altro suono e quello fu il momento in cui la vide. Era di spalle, nuda. La pelle chiara come il latte. Una cascata di capelli sciolti e bagnati che le si appiccicavano sulla schiena. Buba si bloccò, pietrificato. Lei si portò i capelli davanti al viso, si piegò e li immerse nel mare. I seni ricchi, morbidamente lambiti dal dondolio della corrente sul pelo d'acqua. Poi, con un movimento brusco, tirò la testa all'indietro e i capelli scuri percorsero nell'aria un arco picchiettato da mille goccioline che luccicarono al sole. Prese a cantare, una canzone che lui non aveva mai sentito prima, e quando finalmente si voltò, non fece altro che continuare a cantare. Raccolse le braccia attorno al petto e rabbrividendo uscì dall'acqua, lo sguardo di sottecchi.»
«Passami quell'asciugamano, disse.»
In una immaginaria, ma più che verosimile, cittadina del Salento, chiamata Languore, non esistono buoni e cattivi, ma solo individui che lottano per la sopravvivenza, con rabbia, con brutalità, o con cieca disperazione; le sparatorie, le violenze, gli stupri, le sopraffazioni di ogni genere si susseguono, quasi a toglierci il respiro – né c'è differenza vera tra gli uomini e i cani che questi si sono scelti come compagni, altrettanto feroci e ottusi. Sullo sfondo di una natura riarsa, in una terra che sembra posta agli estremi confini del mondo, si consuma una serie di drammi strettamente intrecciati fra loro. E a raccontare questa umanità sconfitta e allucinata, c'è la lingua di Omar Di Monopoli – una lingua, è stato scritto, «tornita, barocca e dialettale».