Carlo Carnevali
I versi amari e corrosivi della prima raccolta poetica, l’implacabile azione del tempo che consuma la vita, sfociano in questi Versi spudorati in una sconsolata autocoscienza che contempla anche il dolore a confronto, come scrive Stefano Carrai nella prefazione, ”coi giorni perduti, come una ferita narcisistica in più rispetto a quella inferta dal tempo”. Progettare non è un verbo praticabile, rimpiangere non serve, c’è solo una realtà che si consuma passo dopo passo, unico sogno è procedere verso la natura e il mito, e per un attimo si possono chiudere gli occhi immaginando, scrive l’autore, irrealizzabili avventure.