Di Giusy Nicosia
Che cos’è l’arte? Una grande dea, affermerebbe oggi Beethoven, qualcosa che scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni, aggiungerebbe Picasso, o probabilmente, come direbbe Dalí, l’arte è “fatta per disturbare”. Una cosa è certa: l’arte non passa inosservata. Quello che, invece, potrebbe sfuggirci è tutto quello che le sta intorno: ci siamo mai chiesti, per esempio, com’è nato quel quadro o quella scultura nel momento in cui li stiamo ammirando? Quale è stato il processo di creazione? Quali le emozioni e le energie impiegate, ma soprattutto qual è la storia di chi è riuscito a vivere di arte, facendo di essa il proprio mestiere? Se vogliamo fare un giro in questo immenso e sorprendente backstage, potremmo partire da 100 artisti che hanno lasciato il segno di Barbara Conti, da poco pubblicato da Lapis Edizioni.
Questo libro è un vero e proprio viaggio nel tempo e nella creatività umana, da Giotto a Monet, da Leonardo a Frida Kahlo, fino a Banksy e Marina Abramović, un viaggio reso ancora più affascinante dalle illustrazioni coloratissime e ricche di dettagli, realizzate a quattro mani da Pia Valentinis e Giancarlo Ascari. E per chi non ne avesse abbastanza, questo volume ci fa anche un altro regalo: in appendice sono indicati i musei, le città e le risorse online in cui trovare le opere degli artisti, oltre che una galleria di film e documentari a loro dedicati.
Attraverso queste brevi e illuminanti storie ci renderemo subito conto che l’arte, per questi artisti, è stato un modo per portare avanti idee, un atto di ribellione verso le convenzioni del loro tempo. Giorgio De Chirico, per esempio, sosteneva che un’opera d’arte, per divenire immortale, dovesse sempre superare i limiti dell’umano, senza preoccuparsi né del buon senso né della logica, costringendo lo spettatore, così come fece il visionario Salvador Dalí con le sue immagini surreali e simboliche, a entrare in una realtà diversa da quella concreta e quotidiana.
L’artista, così come sosteneva il pittore e scultore francese Marcel Duchamp, “non è tale per l’abilità di manipolare la materia, bensì per la capacità di individuare un oggetto, toglierlo dal suo contesto e metterlo in mostra, creandovi attorno nuovi significati”. Lucio Fontana, ricordato per i suoi tagli d’autore, aveva messo in pratica questo pensiero con la tela che, per la prima volta, non era più solo un’area su cui dipingere qualcosa, ma una materia da modellare, deformare, manipolare, facendo entrare a far parte dell’opera anche lo spazio intorno e oltre la tela stessa. Henri Matisse, arrivato alla vecchiaia con gravi problemi di salute, era costretto a lavorare dalla sua sedia a rotelle: “dipingeva con le forbici”, componendo, con dei pezzi di carta tinti da lui ritagliati, collage già nella sua mente, prima che essi prendessero forma sulle pareti grazie all’aiuto dei suoi assistenti.
Joan Miró cominciava i suoi quadri solo “sotto l’effetto di una scossa” che gli permetteva di evadere dalla realtà: lasciava le tele per lungo tempo appoggiate alle pareti del suo studio, così che prima o poi si sporcassero; e se non succedeva, ci puliva sopra i pennelli. Jackson Pollock riteneva, invece, che quello che dovesse nascere sulla tela non fosse “un’immagine, ma un evento”: su una grande tela stesa a terra lavorava seguendo un ritmo interiore, e mentre “danzava”, con gesti casuali lasciava gocciolare il colore a smalto direttamente dal barattolo alla superficie, senza stenderlo. Con Alberto Burri la pittura non si sforzava più di imitare i materiali, poiché erano essi stessi a subentrare al suo posto.
Jannis Kounellis, invece, aveva individuato la sua arte nella vita stessa: la scelta di esporre animali vivi, per esempio, voleva essere un modo per aggiungere carne, respiro e calore veri che in un quadro non ci sarebbero mai stati. L’opera d’arte, in questo caso, non poteva essere comprata o posseduta; nasceva piuttosto per prendere forma in un’idea e fiorire nel solo concetto di essa, poiché non era destinata a durare nel tempo. Altre volte, un’opera d’arte non la si può avere o ammirare sempre semplicemente perché può essere per poco visibile dal vivo, a causa degli eventi atmosferici che possono cancellarla velocemente e con un semplice colpo di spugna: è il caso degli artisti Christo e Jeanne-Claude, i più grandi interpreti della “land art”. Christo diceva: «Nel tempo gli artisti non hanno fatto attenzione all’amore che gli uomini riversano su ciò che non dura: l’infanzia, la vita. Il fatto che opere come le mie non sopravvivano nel tempo crea l’urgenza di vederle. Se qualcuno dice: Oh, guarda, c’è l’arcobaleno, non si può rispondere: lo guarderò domani».
Tutti questi artisti ci vogliono probabilmente suggerire che il mondo, e quindi l’arte, non è solo ciò che concretamente esiste intorno a noi, ma anche ciò che la mente può immaginare, visto che la realtà, così come una volta affermò René Magritte, il quale amava rappresentare soggetti realistici accompagnati da elementi sorprendenti e insoliti, “non è mai come la si vede, la verità è soprattutto immaginazione”. Il loro è un invito a immaginare sempre e a non mollare mai, anche quando tutto sembra remarci contro. Quale migliore esempio il loro, ma soprattutto quale fonte migliore di ispirazione.
100 artisti che hanno lasciato il segno. Ediz. illustrata
Barbara Conti
LAPIS EDIZIONI
VAI AL LIBRO- Genere:
- Listino:
- € 19.00
- Collana:
- Data Uscita:
- 11/11/2022
- Pagine:
- 0
- Lingua:
- EAN:
- 9788878749078