In principio fu Gilgamesh. Il primo eroe, protagonista del primo poema epico della storia. Almeno, il più antico che sia giunto fino a noi. Gilgamesh è un po’ il padre di tutti gli eroi, compresi quelli dei fumetti che oggi, in un certo senso, hanno sostituito l’antica epica mitologica. L’Epopea di Gilgamesh è dunque un’opera seminale, nel senso che al suo interno è contenuto proprio il seme di tutto quello che verrà dopo, in un dialogo, uno scambio costante tra la cultura vicino-orientale e occidentale, in stretto rapporto di parentela. Lo dimostra il fatto che ritroviamo ancora oggi i suoi temi e i motivi narrativi in molte delle opere contemporanee, soprattutto quelle che coinvolgono il viaggio dell’eroe. Dalla ricerca della conoscenza alla battaglia contro la morte, passando per il tema dell’amicizia, la storia del re di Uruk riflette intimamente sull’essenza della condizione umana fin, è proprio questo il caso di dirlo, dalla notte dei tempi.
Probabilmente, l’opera è meno conosciuta di quanto dovrebbe, almeno dal grande pubblico, per la sua natura frammentaria. Le condizioni non sono quelle fortunate dei poemi omerici, che hanno avuto una sistemazione definitiva in epoca alessandrina e poi sono stati copiati ripetutamente, arrivando fino a noi. Innanzitutto, ci troviamo di fronte a una storia molto più antica, presente nella tradizione orale sumerica fin dalla fine del III millennio a.C. e messa per iscritto per la prima volta, su tavolette di argilla in caratteri cuneiformi e in lingua accadica, nella Babilonia del XIX secolo a.C.. La questione è però ancora complessa, perché il poema nel corso dei millenni si è andato via via a formare come capita sempre, cioè attraverso l’unione di cicli narrativi di diversa natura e origine e tradizioni differenti dello stesso racconto mitico.
Si tratta, dunque, di un testo che negli anni è stato protagonista di un intenso lavoro di ricostruzione e analisi filologica, perché l’epopea classica babilonese, nella sua versione in dodici tavolette rinvenute a Ninive nel 1850 tra i resti della biblioteca reale nel palazzo del re Assurbanipal e risalenti al VII secolo. a.C., rappresenta solo una versione tarda del poema. Negli anni, sono state rivenute molte altre tavolette risalenti a diverse epoche, persino cinque frammenti dell’epopea sumerica riproposti su tavolette paleo-babilonesi databili al 1800-1700 a.C. ritrovate a Nippur e Ur. Tutt’oggi continuano a essere ritrovate parti, di tanto in tanto. Ognuna di queste fonti è utile per riempire le lacune e dare forma a un testo il più possibile vicino all’originale, ma anche maggiormente fruibile per i lettori contemporanei.
Esistono diverse traduzioni del Gilgamesh, ma quella realizzata dell’assiriologo britannico e professore all’Università di Londra Andrew George, pubblicata da Penguin Classics nel 1999, è ancora oggi da molti considerata la migliore, sicuramente la più completa e fruibile. Un’edizione che mancava in Italia e che Adelphi, adesso, ha finalmente tradotto nella nostra lingua, per permettere a una storia d’importanza capitale di rompere gli argini e arrivare a tutti i tipi di pubblico, non sono quelli specialistici.
Il volume propone il testo integrale del poema nella versione classica accadica, ma anche la traduzione dei diversi frammenti che ci hanno restituito le versioni sumeriche e anche tardo babilonesi. I testi sono introdotti da una puntuale premessa che inquadra storicamente e culturalmente il racconto e seguiti da un’appendice che illustra il lavoro filologico sulle tavolette che hanno portato alla redazione di un testo rigoroso ma accessibile.
Il risultato è un libro immenso, che è un piacere leggere e che non risente mai del tempo, come d’altronde vale per tutti i grandi classici. Una storia avventurosa che porta Gilgamesh, mitico re di Uruk che forse tanto mitico non era (la storicità della sua figura è ancora dibattuta tra gli studiosi perché il suo nome appare nella lista reale sumerica, ma è opinione comune che si tratti di una figura divina inserita a scopo sacrale) e il suo amico Enkidu in giro per il mondo, ad affrontare mostri come il gigante Humbaba e il Toro celeste scagliato loro contro dalla dea Ishtar. È, soprattutto, la storia di un uomo che diventa mito nel momento in cui, di fronte all’insensatezza della morte dell’amico, si imbarca per raggiungere i limiti del mondo alla ricerca del segreto dell’immortalità, per poi scoprire che la morte è il destino ineluttabile (NAM.TAR, letteralmente «ciò che è stato tagliato») che gli dèi hanno assegnato agli esseri umani. E forse l’immortalità è appunto questa: acquisire saggezza, superare le barriere del tempo ed essere ricordato, ancora oggi, dopo cinquemila anni.
Gilgamesh. Il poema epico babilonese e altri testi in accadico e sumerico
Andrew George
ADELPHI EDIZIONI
VAI AL LIBRO- Genere:
- Antropologia
- Listino:
- € 24.00
- Collana:
- Biblioteca
- Data Uscita:
- 07/10/2021
- Pagine:
- 308
- Lingua:
- Italiano
- EAN:
- 9788845936104